Licenziamento, in questo caso la conciliazione non è mai valida: avvocato spiega come farla correttamente

La conciliazione, in caso di licenziamento a lavoro, non è mai valida quando fatta in sede aziendale: ecco la spiegazione e il chiarimento dell'avvocato

In Italia, il licenziamento segue un percorso regolato e articolato, che varia a seconda delle motivazioni addotte e della dimensione aziendale. La prima tappa obbligata è sempre la comunicazione scritta da parte del datore di lavoro, nella quale devono essere esposti in modo chiaro i motivi alla base del recesso. Quando il licenziamento è per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, la motivazione deve essere particolarmente dettagliata. Nel caso di licenziamento disciplinare, la procedura impone l’avvio di una contestazione formale, la possibilità di replica da parte del lavoratore e una successiva decisione. La mancata osservanza di questo iter rende il licenziamento nullo. Per quanto riguarda i motivi oggettivi, come una crisi o una riorganizzazione, se l’azienda supera i 15 dipendenti è previsto un passaggio obbligato attraverso una procedura di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Quest’ultimo convoca le parti con l’intento di trovare soluzioni alternative. Se la conciliazione non ha esito positivo, il datore può procedere, altrimenti si può optare per una risoluzione consensuale. Di rilievo anche il ruolo della conciliazione sindacale, che rappresenta una via extragiudiziale, rapida ed efficace per risolvere controversie. Il lavoratore è assistito da una figura sindacale che ne tutela la consapevolezza e i diritti. Gli accordi così raggiunti sono difficilmente impugnabili, anche se toccano diritti inderogabili. Questo meccanismo consente anche di ridurre il contenzioso e offre una via d’uscita sicura, spesso accompagnata da indennità e accesso agli strumenti di sostegno al reddito.

Licenziamento: ecco quando la conciliazione non è considerata valida

Attenzione, però, alla conciliazione: una nota esperta di diritto del lavoro, l'avvocato Wanda Falco, ha spiegato che c'è un caso in cui questa non è mai considerata valida. È il caso, cioè, in cui la conciliazione avvenga in sede aziendale. Il motivo è molto semplice: l'esperta spiega che, secondo l'articolo 2113 del Codice Civile italiano, gli accordi con cui il lavoratore rinuncia o transige su diritti derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti collettivi non sono validi, a meno che questi non vengano stipulati nelle cosiddette 'sedi protette'. Le sedi protette, cioè, sono quei contesti neutrali in cui il lavoratore, che, notoriamente, è la parte più debole del rapporto di lavoro, sia messo in condizione di comprendere fino in fondo a quali diritti sta rinunciando e in che misura.

Licenziamento conciliazione
Quando manca il carattere di neutralità, non si può raggiungere la conciliazione. (Fonte: Instagram - @avv.wandafalco).

Pertanto, una conciliazione non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, in quanto questa non può essere considerata una sede protetta. Non può esserlo, infatti, perché manca il carattere di neutralità, che, insieme all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, è indispensabile a garantire la libera determinazione della volontà del lavoratore di rinunciare ai propri diritti.

 

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