Edoardo Leo, perché il suo nuovo film è un pugno in pieno viso: “Vi sbatte in faccia la realtà”

Edoardo Leo parla del senso del suo ultimo film, in tutte le sale cinematografiche, Non sono quel che sono

La nuova fatica cinematografica di Edoardo Leo si intitola Non sono quel che sono. L’attore romano si ripresenta al grande pubblico in veste di regista, e lo fa con una trasposizione cinematografica dell’Otello di William Shakespeare. Un intramontabile classico della letteratura inglese e mondiale, quest’opera è rivisitata da Leo, che riflette, attraverso questa pellicola, uscita nelle sale cinematografiche il 14 novembre, sulla violenza di genere. Il testo shakespeariano offre all’attore lo spunto di una riflessione urgente e necessaria nel nostro paese, in cui i femminicidi sono, purtroppo e tragicamente, all’ordine del giorno.

Il film, diretto e interpretato da Edoardo Leo, nei panni di Iago, vede il cast così composto: Javad Moraqib, Antonia Truppo, Ambrosia Caldarelli, Michael Schermi, Vittorio Viviani e Matteo Olivetti. Una vera e propria rilettura in chiave contemporanea (il film è ambientato nei primi anni 2000), dell’ossessione, tutta maschile, verso il possesso della donna, vista come oggetto e proprietà privata.
Il senso profondo del film lo ha spiegato lo stesso Leo nel corso di una toccante intervista Radio 105.

Edoardo Leo: “Quella che uccide non è gelosia”

Noi parliamo tutti i giorni, purtroppo, di femminicidi, di violenza di genere. Il film è molto violento: io ti mostro veramente cosa succede quando una ragazza comincia ad andare sotto botta di un uomo, e comincia a dire quella frase che dice Desdemona. Dice: “Sono così innamorata di lui che gli perdono anche questi scatti”. E’ quello è l’inizio del baratro”, spiega Leo nell’intervista rilasciata a Radio 105.
Ed è un film che ti sbatte in faccia quanto è facile cadere in quella spirale lì, fino a morirci”.

 

 

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Interviene il conduttore radiofonico, Rosario Pellecchia: “
Non ricordo le percentuali, i numeri esatti, però molti ragazzi della Generazione Z, quindi di 16 anni, ritengono che la gelosia, anche quando è eccessiva, è la prova che la persona ci tiene”. Se io ho paura che la mia fidanzata mi tradisca, o ho paura che mia moglie, o la mia compagna, la mia fidanzata, mi tradisca, quella lì la chiamiamo gelosia. Ed è un malessere umano. Ma se la mia ragazza torna a casa e gli prendo il telefono, glielo controllo e le dò uno schiaffo senza motivo, quella anche la chiamiamo lo stesso gelosia. Cioè son due cose che stanno agli opposti, però l’uno è un sentimento umano, l’altro è un comportamento violento. E non abbiamo sentito come società, la necessità di trovare un’altra parola”.

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