Molte persone mostrano una chiara difficoltà ad accettare i propri difetti fisici, per quale motivo? C’è un fattore che non salta subito all’occhio ma che rappresenta una causa determinante.
L’aspetto fisico condiziona profondamente l’autostima e le relazioni sociali. Alcune persone accettano con serenità le proprie imperfezioni, mentre altre ne soffrono in modo intenso. Ma qual è il fattore che determina questa differenza? La risposta sta in un elemento spesso invisibile: la percezione che abbiamo di noi stessi. Si parte da ragazzi, nella fase adolescenziale molti difetti estetici, finiscono per diventare un vero e proprio limite. L’immagine corporea è la rappresentazione mentale che ognuno ha del proprio aspetto fisico. Questa percezione non è oggettiva, ma filtrata da esperienze, confronti sociali e aspettative personali. Durante l’adolescenza, il corpo cambia rapidamente e questo processo può generare insicurezza.
Un ragazzo che si guarda allo specchio può notare solo i difetti: un naso che considera troppo grande, l’acne, un fisico che non corrisponde agli standard della società. Anche se gli altri non vedono questi difetti, lui li percepisce in modo amplificato. Questo può portare a disagio sociale, evitamento e persino disturbi legati all’alimentazione. Anche in età adulta, l’autostima fisica può restare fragile. Una persona può continuare a vedersi sbagliata rispetto agli altri, soffrendo per i segni del tempo, il peso o altre caratteristiche considerate imperfette.
Cosa vuol dire quando una persona non accetta i propri difetti fisici: la spiegazione
Numerosi studi in ambito psicologico analizzano la difficoltà che molte persone sperimentano nell’accettare i propri aspetti fisici. Uno degli argomenti più rilevanti è il disturbo da dismorfismo corporeo, una condizione caratterizzata da un’attenzione eccessiva verso presunti difetti nell’aspetto, spesso impercettibili o di lieve entità agli occhi degli altri. Questo disturbo rientra nella categoria dei disturbi ossessivo-compulsivi, secondo la classificazione del DSM-5. Tra i criteri diagnostici figurano una preoccupazione persistente per difetti estetici percepiti, comportamenti compulsivi come il controllo ripetuto allo specchio e un impatto significativo sulla vita sociale e lavorativa. Si stima che colpisca tra l’1,7% e il 2,9% della popolazione, con un esordio tipicamente nell’adolescenza. La ricerca condotta da Phillips ha evidenziato come il disturbo sia associato a rituali compulsivi e a una sofferenza psicologica rilevante. Il trattamento più efficace prevede l’uso della terapia cognitivo-comportamentale.
Viviamo in una società che celebra l’estetica e la perfezione. I social media amplificano questo fenomeno, proponendo immagini filtrate e modificate. Il confronto con modelli irrealistici può creare una distorsione dell’immagine corporea. Un adolescente che segue influencer con corpi perfetti potrebbe convincersi che il suo aspetto non sia abbastanza. Negli adulti, il confronto può manifestarsi in altri modi: vedere colleghi più in forma, notare sui social coetanei con un aspetto più giovanile, sentirsi meno attraenti rispetto agli standard imposti. Questo alimenta l’insoddisfazione e la ricerca di cambiamenti estetici. Ci sono ad ogni modo alcune strategie efficaci per sviluppare un’immagine corporea più positiva. In primis smettere di paragonarsi agli altri e accettare la propria unicità. Sostituire frasi critiche con affermazioni più equilibrate. Focalizzarsi sui punti di forza e ridurre l’esposizione a immagini irrealistiche. L’aspetto ultimo ma probabilmente il più importante riguarda il modo di trattare sé stessi. La gentilezza verso la propria persona è fondamentale. Non puoi amare qualcun altro se prima non impari ad amare te stesso, proprio così come sei.