Il cibo non è solo nutrimento, ma anche una fonte di conforto emotivo.
Quando siamo tristi, tendiamo a mangiare di più, soprattutto cibi ricchi di zuccheri e grassi. Questo fenomeno, noto come “mangiare emotivo”, è stato studiato dalla psicologia e dalla neuroscienza per comprendere i meccanismi che lo regolano. Uno dei motivi principali per cui la tristezza ci spinge a mangiare è il rilascio di neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina. Il consumo di determinati alimenti innesca una sensazione di benessere temporaneo, che però può trasformarsi in un ciclo di dipendenza. Salerno e Meye e Adan hanno evidenziato che il cibo palatabile (ovvero quello più gradevole al palato) attiva il sistema di ricompensa del cervello, producendo una sensazione di piacere immediato. Anche la difficoltà nell’elaborazione delle emozioni gioca un ruolo chiave. Le persone che hanno problemi nella regolazione emotiva tendono a utilizzare il cibo come strategia di coping, ovvero una strategia per fronteggiare un malessere psicologico. Fernandes e Scarpina hanno dimostrato che chi soffre di disturbi dell’umore o dell’alimentazione ha maggiori probabilità di sviluppare abitudini di mangiare emotivo.
L’associazione tra emozioni negative e fame emotiva
La tristezza può alterare il nostro rapporto con il cibo in modi diversi. Tatjana van Strien e Helena Konttinen, attraverso i loro studi, hanno scoperto che le emozioni negative portano molte persone a cercare conforto nel cibo, contribuendo all’aumento di peso nel tempo. Questo meccanismo è più evidente in chi ha una predisposizione a utilizzare il cibo come regolatore emotivo. Secondo il modello di Macht, le emozioni influenzano il comportamento alimentare in modi differenti: mentre la rabbia o l’ansia possono portare a una riduzione dell’appetito, la tristezza spesso spinge a mangiare di più. Questa reazione può essere collegata alla necessità di compensare un vuoto emotivo con un’esperienza sensoriale gratificante. Un altro aspetto da considerare è il ruolo delle abitudini apprese. Molte persone associano determinati cibi a ricordi positivi o momenti di conforto vissuti in passato. Questo condizionamento può portare a cercare gli stessi alimenti in situazioni di stress emotivo, rafforzando il legame tra cibo e stato d’animo.
Come gestire il mangiare emotivo
Affrontare il mangiare emotivo non significa eliminare il piacere del cibo, ma imparare a distinguere la fame fisica dalla fame emotiva. Elfhag e Morey e Verstuyf suggeriscono strategie di coping più efficaci, come la consapevolezza emotiva e l’adozione di alternative per affrontare lo stress, come l’attività fisica o la meditazione. Un aiuto importante può venire anche dalla strutturazione di abitudini alimentari più equilibrate. Mantenere una routine regolare nei pasti, evitando lunghi periodi di digiuno, aiuta a ridurre la tendenza a ricorrere al cibo in risposta alle emozioni negative. Inoltre, scegliere alimenti ricchi di proteine e fibre può contribuire a una maggiore sazietà, riducendo il bisogno di cibi calorici e poco salutari nei momenti di tristezza.
Comprendere questi meccanismi aiuta a sviluppare una relazione più equilibrata con il cibo. Essere consapevoli delle proprie emozioni e trovare strategie alternative per gestire la tristezza può ridurre il ricorso al cibo come strumento di conforto. L’obiettivo non è privarsi di ciò che si ama, ma imparare a nutrire il corpo e la mente nel modo più sano possibile.