Quando si vive da soli in età avanzata, prevale la sensazione di solitudine o di assoluta libertà? Ecco la risposta che chiarisce dubbi e perplessità sull’argomento. Tutto quello che devi sapere.
C’è un momento, nella vita di ogni persona, in cui ci si guarda indietro e si cerca di dare un senso a ciò che si è vissuto. Per molti, questo momento coincide proprio con l’età avanzata. I figli sono ormai grandi, la carriera è alle spalle, i ritmi si fanno più lenti. È allora che cominciano a emergere nuove domande, spesso profonde, capaci di scuotere le fondamenta della propria identità. Una tra tutte: “come voglio vivere il tempo che mi resta?” E, soprattutto, voglio viverlo da solo? Non si tratta solo di una questione logistica o abitativa. Decidere di vivere da soli in età avanzata è un atto che parla di indipendenza, di bisogni affettivi, di capacità di stare con sé stessi e di confrontarsi con il proprio vissuto.
È una scelta che, per alcuni, avviene per necessità. Una vedovanza, una separazione, la distanza dai figli, mentre per altri è una decisione deliberata, quasi un riscatto personale dopo una vita trascorsa a occuparsi degli altri. In ogni caso, ciò che emerge è un bivio: la solitudine come fardello o la libertà come conquista. Ma non è tutto così semplice e la risposta, quella autentica e profonda, non è mai bianca o nera. Sono molteplici le sfumature da dover considerare. In questo modo è finalmente possibile far luce su una tematica che accomuna moltissime persone.
Vivere da soli, il doppio volto della solitudine: rifugio o prigione? La risposta
La solitudine, nell’immaginario collettivo, è spesso associata al dolore, alla malinconia, alla sensazione di essere dimenticati. E in parte è vero. Numerose ricerche hanno evidenziato come la solitudine cronica negli anziani sia legata a un aumento del rischio di depressione, declino cognitivo e perfino malattie cardiovascolari. Il nostro cervello, dopotutto, è programmato per l’interazione: ha bisogno di stimoli, connessioni, scambi quotidiani per restare attivo e vitale. Poter condividere le proprie giornate con qualcuno, è quindi uno stimolo da non sottovalutare. Chi vive da solo, specialmente se in là con gli anni, può trovarsi improvvisamente a confrontarsi con giornate silenziose, pranzi consumati senza conversazione, decisioni da prendere senza un confronto diretto. E quando le difficoltà fisiche aumentano, il vivere soli può trasformarsi in una sfida continua, se non in una forma sottile di abbandono sociale. Ma c’è un’altra faccia della solitudine che raramente viene raccontata, ed è quella scelta, desiderata, accolta con consapevolezza. È la solitudine che si cerca per riconnettersi con sé stessi, per respirare il silenzio non come vuoto ma come spazio fertile di riflessione.
C’è un dettaglio poco discusso che merita attenzione: con l’avanzare dell’età, diminuiscono le aspettative esterne. Non bisogna più dimostrare nulla, non si è più “padri di”, “madri di”, “professionisti affermati”. Ci si spoglia di molti ruoli sociali e, in questa nudità nuova, emerge con forza la propria identità autentica. Ecco perché, per alcune persone, vivere da soli in età avanzata non è un segno di isolamento ma di profonda libertà. Si può mangiare quando si vuole, dormire quando il corpo lo chiede, accendere la radio e ballare nel soggiorno senza preoccuparsi del giudizio altrui. È un ritorno a sé stessi, un recupero di una dimensione che la vita frenetica di prima aveva messo da parte. Dopo anni di duro lavoro e sacrifici, è finalmente arrivato il momento di potersi dedicare alle proprie passioni. Alla luce di questo quindi, non è la condizione abitativa in sé a determinare la qualità della vita in età avanzata, ma il modo in cui la si vive.
Il fenomeno del vivere da soli in età avanzata: una ricerca ha approfondito la tematica
Un’indagine realizzata dall’Osservatorio Senior ha approfondito il tema della vita in solitudine nella terza età. La ricerca, condotta nel 2020 su un campione di 988 uomini e donne residenti a Milano, ha fatto emergere spunti interessanti. Emergere da soli non è sempre sinonimo di solitudine forzata o sofferenza: per molti si tratta di una scelta consapevole e appagante. Con il passare del tempo, cresce la soddisfazione legata a questo stile di vita. Abitare da soli non significa necessariamente essere isolati. Numerosi partecipanti hanno dichiarato di avere relazioni sociali solide, capaci di offrire supporto nei momenti di difficoltà. Chi vive da solo tende a costruire una rete sociale che, in molti casi, riesce a sostituire alcune delle funzioni tipiche della famiglia, soprattutto sul piano emotivo. I risultati di questo studio mettono in discussione l’idea diffusa che vivere da soli in età avanzata sia un’esperienza negativa, mostrando invece i possibili vantaggi e le capacità di adattamento sviluppate da chi si trova in questa condizione.