Perché non riusciamo mai a seguire davvero le diete? Ecco le cause psicologiche e come sbloccarsi

Molti di noi iniziano una dieta pieni di buone intenzioni. All’inizio ci sentiamo motivati, convinti che “questa volta sarà quella giusta”.

Ma spesso, dopo qualche settimana o addirittura solo pochi giorni, tutto sembra andare in frantumi. Riprendiamo le vecchie abitudini, ci sentiamo in colpa e ci convinciamo di non avere abbastanza forza di volontà. In realtà, il fallimento delle diete è raramente una questione di debolezza personale. Secondo la psicologa Lucia Montesi, il primo ostacolo sta proprio nell’atteggiamento mentale con cui affrontiamo il percorso. Persone con basso senso di autoefficacia – ovvero con poca fiducia nelle proprie capacità – e un locus of control esterno, cioè la convinzione che i risultati dipendano da fattori fuori dal proprio controllo, faticano molto di più a mantenere un cambiamento nel tempo. Uno studio ha dimostrato che l’immagine corporea negativa e la bassa autostima sono tra i principali fattori psicologici che portano a comportamenti alimentari disordinati. Il problema, quindi, non è solo “mangiare meno”, ma affrontare ciò che sta alla base del nostro rapporto con il cibo.

Il cibo come forma di controllo e consolazione

Il bisogno di controllare la dieta e il peso non è solo una questione estetica. Lo psicologo Christopher Fairburn ha spiegato che il controllo del cibo è spesso un modo per compensare un senso di instabilità personale. Quando nella nostra vita ci sentiamo sopraffatti o insicuri, seguire rigidamente una dieta può dare un’illusione di ordine e successo. Questa logica però può trasformarsi in un ciclo pericoloso. Si inizia con un regime ferreo, che dà l’illusione di “avere tutto sotto controllo”. Ma appena si sgarra, arrivano sensi di colpa, frustrazione e la tentazione di mollare tutto. Il controllo, da soluzione, diventa un problema.

Eric Button ha osservato questo meccanismo nei disturbi alimentari come l’anoressia, dove il cibo diventa l’unico ambito della vita in cui si riesce a esercitare un potere. Sebbene le diete comuni non siano patologiche, seguono spesso una dinamica simile: il cibo come risposta a un bisogno di sicurezza e dominio.

Quando mangiare diventa un rifugio emotivo

Un altro fattore decisivo nel fallimento delle diete è il ruolo delle emozioni. La psicologa Carolina Fallai ha sottolineato che molte persone usano il cibo per affrontare ansia, stress, tristezza o noia. È il cosiddetto “emotional eating”, cioè l’alimentazione guidata non dalla fame ma dal bisogno di consolazione. Se non impariamo a riconoscere questo schema, qualsiasi dieta diventa inefficace. Uno studio recente ha dimostrato che chi mangia per regolare le emozioni ha maggiori difficoltà a mantenere il peso forma. Serve un approccio che non agisca solo sulla volontà, ma anche sul benessere psicologico complessivo.

Anche il corpo, però, gioca la sua parte. Il professor Brownell ha studiato l’effetto delle diete ipocaloriche sul metabolismo, osservando che il nostro organismo tende ad adattarsi rapidamente a un apporto calorico ridotto. Questo significa che più tempo passiamo a “fare la fame”, più il corpo impara a risparmiare energie, rendendo difficile il mantenimento dei risultati. È il famoso “effetto fisarmonica”: si perde peso in fretta, ma lo si recupera altrettanto velocemente.

Serve un nuovo modo di pensare al cibo

Il problema delle diete non è solo cosa mangiamo, ma come ci relazioniamo al cibo e al nostro corpo. Spesso affrontiamo il cambiamento con rigidità, senza ascoltare davvero i nostri bisogni. La mente, in questi casi, non è un ostacolo: è la chiave. Per trovare un equilibrio duraturo, serve un lavoro psicologico profondo: aumentare l’autoefficacia, imparare a gestire lo stress, sviluppare un’immagine di sé più positiva. Solo così potremo finalmente uscire dalla logica delle diete punitive e costruire un rapporto più sano con il nostro corpo.

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Per trovare un equilibrio duraturo, serve un lavoro psicologico profondo: aumentare l’autoefficacia, imparare a gestire lo stress, sviluppare un’immagine di sé più positiva.

La buona notizia è che tutto questo è possibile. Non inizia con una nuova dieta, ma con un cambiamento di sguardo: dalla colpa alla comprensione, dal controllo alla consapevolezza.

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