Mangiare in pubblico può sembrare un gesto semplice e quotidiano. Eppure, per molte persone, rappresenta un momento di forte tensione emotiva.
Quel senso di disagio, che nasce già al pensiero di consumare un pasto davanti ad altri, non è solo imbarazzo passeggero: spesso ha radici psicologiche profonde. Ansia sociale, insicurezza e persino disturbi alimentari possono entrare in gioco, trasformando un’attività piacevole in una vera fonte di stress. La terapeuta Adriana Lindenfeld, specializzata in ansia sociale e disturbi alimentari, spiega che questa difficoltà è connessa alla paura di essere giudicati mentre mangiamo. Il timore di apparire goffi, di scegliere il cibo “sbagliato” o di essere osservati può essere paralizzante. Non si tratta di semplice timidezza, ma di una vera forma di disagio psichico, talvolta legata a un disturbo d’ansia.
Secondo diversi studi clinici, come quello condotto da Jacobi, esistono due aspetti chiave che contribuiscono a questo malessere: la social appearance anxiety (cioè l’ansia legata al proprio aspetto) e la fear of negative evaluation (la paura di essere valutati negativamente). Entrambe si rivelano fortemente correlate a disturbi alimentari come la bulimia, e generano un circolo vizioso fatto di controllo, insicurezza e vergogna. In alcuni casi più estremi, il disagio può evolvere in deipnofobia, ossia una vera e propria paura di mangiare davanti ad altri. Questo disturbo è stato collegato alla pressione sociale sul corpo, soprattutto quando il contesto — per esempio un ristorante — non è inclusivo verso le diverse fisicità.
Ansia e alimentazione: un rapporto più profondo di quanto pensiamo
Ciò che accade mentre mangiamo in compagnia non si limita a una reazione sociale superficiale. Secondo ricerche guidate da studiosi come Tillfors, l’ansia può influenzare concretamente il comportamento alimentare, agendo su aree del cervello come il sistema limbico e alterando il funzionamento degli ormoni che regolano fame e sazietà. Questo può portare a due reazioni opposte: chi mangia troppo per placare l’ansia, e chi invece la vive come un blocco fisico, con la sensazione di non riuscire ad ingerire nulla. Un altro aspetto da considerare è il fenomeno del mangiare emotivo. Gli studi di Faith e Kaplan & Kaplan mostrano che molte persone usano il cibo come strumento per gestire emozioni negative. Quando siamo tristi, stressati o sotto pressione, possiamo trovare conforto in alimenti calorici e poco sani, come se il cibo riuscisse a “tamponare” il nostro malessere. Ma in pubblico, questo meccanismo si inceppa: sapere di essere osservati può impedirci di rifugiarci nel cibo, e allo stesso tempo aumentare l’ansia, amplificando il disagio.
Come si affronta questo problema? Le soluzioni non mancano
La buona notizia è che uscire da questo circolo è possibile. I percorsi terapeutici, se ben strutturati, permettono di recuperare un rapporto più sereno con il cibo, anche in contesti sociali. In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è tra le più efficaci: aiuta a identificare e correggere i pensieri disfunzionali legati al giudizio altrui. La terapia dell’esposizione, invece, consiste nell’affrontare gradualmente situazioni che generano ansia — come pranzare con un amico o in un locale — fino a normalizzarle. Le tecniche di mindfulness sono infine molto utili per riconnettersi al momento presente, riducendo i livelli di tensione.
Superare il disagio di mangiare in pubblico non significa solo affrontare un fastidio momentaneo. Vuol dire riconoscere un bisogno di accettazione, sicurezza e libertà personale. E soprattutto, significa imparare a vivere anche il pasto come un atto di cura verso se stessi.