Le diete troppo restrittive ti fanno ingrassare? Gli psicologi spiegano perché

A prima vista, una dieta molto rigida può sembrare la scorciatoia perfetta per perdere peso rapidamente.

Tuttavia, la realtà è più complessa e controintuitiva. Le diete troppo restrittive possono avere l’effetto opposto, cioè portarci a ingrassare nel lungo periodo. Questo paradosso è stato studiato a fondo da esperti di fisiologia e psicologia, che ci spiegano come il nostro corpo e la nostra mente reagiscano agli eccessi del controllo alimentare.

Il corpo rallenta, la mente si ribella

Uno degli studi più noti su questo tema è il Minnesota Starvation Experiment, condotto da Ancel Keys. I partecipanti, sottoposti a un regime calorico molto ridotto, non solo persero peso, ma videro rallentare il metabolismo. Il corpo, sentendosi minacciato, iniziava a risparmiare energia e a ridurre il dispendio calorico. Alla fine del periodo di restrizione, molti ingrassarono più di prima, con un aumento medio del 10% rispetto al peso iniziale. Questo effetto è spiegabile anche a livello psicologico. Herman e Polivy, con la loro teoria della restrizione cognitiva, hanno dimostrato che tentare di controllare troppo rigidamente l’alimentazione può causare un’esplosione di comportamenti opposti. Più cerchiamo di vietarci certi cibi, più crescono il desiderio e la possibilità di perdere il controllo. Ne consegue spesso una disinibizione alimentare: si passa da un controllo eccessivo a vere e proprie abbuffate.

Un altro elemento chiave è il cosiddetto pensiero dicotomico, spiegato dagli psicologi Apfeldorfer e Zermati. Quando ci imponiamo una dieta rigida, rischiamo di sviluppare un’idea estrema: o seguo perfettamente il piano o l’ho già rovinato. Questa mentalità ci porta a mollare tutto al primo “sgarro”, aumentando la frustrazione e la probabilità di perdere completamente il controllo. Ma non finisce qui. Le diete severe aumentano anche il desiderio per i cibi più calorici, quelli che normalmente cerchiamo di evitare. Dopo giorni o settimane di privazione, il cervello reagisce con un desiderio quasi ossessivo per zuccheri e grassi, rendendo ancora più difficile mantenere i risultati raggiunti. È come se l’organismo volesse “recuperare” il piacere negato, e lo facesse con gli interessi.

Danni non solo fisici, ma anche emotivi

Nel Minnesota Starvation Experiment, i ricercatori notarono anche gravi effetti psicologici: ansia, irritabilità, depressione e pensieri costanti legati al cibo. Anche quando la dieta finiva, questi sintomi non sparivano subito. La privazione non colpisce solo il corpo, ma anche l’equilibrio emotivo. E quando ci sentiamo giù, il cibo diventa spesso un rifugio. Secondo Dalle Grave e colleghi, le diete restrittive non funzionano a lungo termine proprio per questi motivi. Dopo un periodo iniziale di perdita di peso, spesso si verifica un recupero, seguito da un aumento ulteriore. È il risultato di un mix tra metabolismo rallentato, muscoli persi e fame psicologica che cresce nel tempo.

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Più cerchiamo di vietarci certi cibi, più crescono il desiderio e la possibilità di perdere il controllo. Ne consegue spesso una disinibizione alimentare: si passa da un controllo eccessivo a vere e proprie abbuffate.

Non si tratta di mancanza di volontà o autodisciplina. È il nostro corpo che si difende da ciò che percepisce come una minaccia. E la mente, sotto stress, cerca di riportarci all’equilibrio emotivo attraverso il cibo. In questo contesto, una dieta flessibile e sostenibile è molto più efficace di un regime rigido e punitivo. In conclusione, se ci siamo chiesti perché dopo ogni dieta ingrassiamo di più, la risposta non è nella nostra forza di volontà, ma nel modo in cui affrontiamo il cibo. Per perdere peso davvero e mantenerlo, serve ascoltare il corpo, rispettarlo e trovare un equilibrio duraturo, non una lotta continua contro noi stessi.

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