L’Agenzia delle Entrate spiega come indicare le indennità di assistenza sanitaria integrativa nella dichiarazione dei redditi, e se bisogna farlo nel caso in cui non abbiano sostituito il reddito di lavoro.
In Italia, l’assistenza sanitaria si fonda sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN), introdotto nel 1978 con l’obiettivo di garantire cure accessibili e gratuite a tutti i cittadini e residenti, senza distinzioni. Il sistema si basa sui principi di universalità, uguaglianza e solidarietà, ed è finanziato principalmente attraverso le imposte e contributi proporzionali al reddito. La gestione è decentralizzata: lo Stato definisce i livelli essenziali di assistenza (LEA), mentre le regioni li attuano tramite le ASL. Il SSN copre le principali prestazioni, comprese cure ospedaliere, farmaci essenziali, visite e pronto soccorso. In alcuni casi, anche servizi privati convenzionati possono rientrare nella copertura pubblica. Accanto al SSN si è sviluppata l’assistenza sanitaria integrativa, pensata per offrire prestazioni aggiuntive o ridurre i tempi d’attesa. Viene gestita da fondi sanitari registrati presso il Ministero della Salute. Questi fondi possono essere previsti da contratti collettivi, accordi aziendali o essere sottoscritti su base volontaria.
Offrono copertura per visite specialistiche, cure odontoiatriche, fisioterapia, ricoveri, maternità e prevenzione. Spesso includono anche il rimborso delle spese sostenute privatamente e possono estendersi ai familiari. I fondi erogano anche indennità economiche, per esempio in caso di ricovero, terapie specifiche o impossibilità a lavorare per motivi di salute. Alcune di queste somme sono fiscalmente rilevanti e vanno dichiarate. Negli ultimi anni, però, si è registrato un aumento degli iscritti ai fondi integrativi, generando il rischio che questi sostituiscano parzialmente il SSN. Si evidenzia così la necessità di una riforma per preservare l’equità del sistema sanitario pubblico.
Dichiarazione dei redditi: come indicare le indennità sanitarie integrative
A proposito delle indennità economiche di assistenza sanitaria integrativa, è stato recentemente presentato un interessante problema all’Agenzia delle Entrate, in merito a un’indennità ricevuta a titolo di diaria di ricovero. Una contribuente ha, in effetti, chiesto al suddetto ente, mediante la Posta di FiscoOggi, quale fosse la natura fiscale di una somma ricevuta dalla cassa di assistenza sanitaria integrativa, come diaria di ricovero, e se fosse necessario inserirla in dichiarazione dei redditi, soprattutto nel caso in cui le le indennità percepite non avessero sostituito la remunerazione lavorativa. Nel caso presentato dalla contribuente, in effetti, la remunerazione lavorativa non è mai venuta meno.
L’Agenzia ha risposto articolando il parere su due livelli: uno generale, basato sulla normativa vigente, e uno riferito al caso concreto. In termini generali, ha richiamato l’articolo 6 del TUIR – Testo unico delle imposte sui redditi, che stabilisce le categorie di reddito rilevanti ai fini fiscali. In particolare, il comma 2 chiarisce che le somme ricevute in sostituzione di un reddito – anche sotto forma di indennità o risarcimento – vanno tassate come redditi della stessa categoria di quelli sostituiti. Questo vale, ad esempio, per le prestazioni erogate a fronte della perdita temporanea della retribuzione lavorativa.
Il caso specifico
Tuttavia, l’Agenzia ha anche precisato che, quando l’indennità non ha funzione sostitutiva di un reddito, ma viene corrisposta una tantum a fronte di uno stato di bisogno accertato e non comporta perdita di compensi, essa non è fiscalmente rilevante. In tal caso, non essendo riconducibile a nessuna categoria reddituale prevista dal TUIR, essa non va indicata nella dichiarazione. Nel caso analizzato, quindi, essendo la retribuzione rimasta invariata, la diaria di ricovero non sostituisce alcun reddito. Pertanto, secondo l’Agenzia, questa non è soggetta a tassazione.