Quando l’innocenza si intreccia con la brutalità della storia, nascono racconti capaci di commuovere e far riflettere: questo film incolla allo schermo e regala una serata indimenticabile.
Nel panorama cinematografico contemporaneo, capita raramente di imbattersi in opere capaci di parlare al cuore con la delicatezza di una carezza e la forza di un pugno. L’ultima volta che siamo stati bambini, disponibile su Netflix, è una di queste. Diretto da Claudio Bisio, al suo emozionante debutto alla regia, il film è tratto dal romanzo omonimo di Fabio Bartolomei. Si impone come un gioiello che racconta l’infanzia, la guerra e l’amicizia con uno sguardo poetico e struggente.
Ambientato a Roma nell’estate del 1943, in un’Italia dilaniata dalla guerra e dal terrore nazista, il film segue le vicende di quattro bambini di circa dieci anni: Italo, figlio di un gerarca fascista; Cosimo, cresciuto con il nonno dopo l’allontanamento forzato del padre; Vanda, un’orfana che vive in un convento; e Riccardo, bambino ebreo la cui famiglia viene brutalmente deportata. Quando Riccardo scompare, catturato dai nazisti, gli altri tre decidono, con lo slancio impulsivo e coraggioso tipico della loro età, di partire lungo i binari della ferrovia per salvarlo.
Un viaggio tra orrore e meraviglia: la forza dell’innocenza contro la brutalità della guerra
Ciò che rende L’ultima volta che siamo stati bambini un’opera unica è la sua capacità di affrontare temi storici e drammatici con uno sguardo candido e poetico. Claudio Bisio sceglie di raccontare la guerra non con la crudezza dei bollettini o la distanza dei grandi piani, ma calandoci nel mondo visto attraverso gli occhi di quattro bambini. È un mondo in cui la paura non è ancora completamente compresa, in cui la speranza convive con l’ignoto e l’avventura è ancora possibile, anche quando tutto intorno sembra crollare.
Nel corso del loro viaggio, i piccoli protagonisti non sono soli. Un uomo e una suora si ritrovano coinvolti, loro malgrado, in questa straordinaria avventura. Ma più che accompagnatori, finiscono per essere trasformati. Il messaggio più potente del film risiede proprio in questa dicotomia: la guerra vista da chi la subisce senza comprenderla appieno; la memoria storica che si intreccia con quella personale, fatta di amicizie, promesse, perdite e momenti che restano scolpiti nell’anima. Il finale non cerca facili soluzioni, ma lascia aperta una porta alla riflessione. Cosa rimane dell’infanzia perduta?
L’ultima volta che siamo stati bambini è stato accolto con entusiasmo dalla critica e ha ottenuto una candidatura ai David di Donatello. Ma al di là dei premi, è il passaparola del pubblico a decretarne il successo. In un’epoca in cui l’intrattenimento spesso si rifugia nella leggerezza fine a se stessa, Netflix sceglie di celebrare l’amicizia con un capolavoro che tocca le corde più profonde dell’animo.