Un noto avvocato ha spiegato che il Trattamento di Fine Rapporto, e cioè il TFR, può essere ridotto o azzerato in alcuni casi, riducendo, pertanto, di molto la liquidazione successiva alla fine di un rapporto di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto è una componente della retribuzione che spetta al lavoratore, la quale, però, viene differita nel tempo. Il TFR, chiamato anche liquidazione, infatti, viene erogato dopo il termine del rapporto di lavoro. Esso viene maturato con il tempo, e aumenta sempre, a seconda della durata del contratto stesso. Vi possono accedere tutti i dipendenti privati, nonché i dipendenti pubblici, ma solo quelli rientranti nel regime del pubblico impiego contrattualizzato, e assunti dopo il 31 dicembre del 2000.
Il valore del Trattamento di Fine Rapporto equivale a circa una mensilità lorda, moltiplicata per gli anni di lavoro maturati dal dipendente. Il TFR spetta a tutti i lavoratori che terminino un contratto di lavoro, indipendentemente se quest’ultimo sia finito per un licenziamento, per le dimissioni, o perché il lavoratore è andato in pensione. Di norma, quindi, il TFR spetta a tutti, ma ci sono dei casi in cui questo può essere ridotto, o addirittura azzerato.
Lavoro: ecco quali sono i quattro casi in cui il TFR può essere ridotto o anche azzerato
Angelo Greco, noto avvocato ed esperto di diritto, ha spiegato quali sono i casi in questione. Il primo riguarda l’anticipo del 70% del TFR. L’anticipo del 70% del TFR può essere richiesto solo dopo aver maturato almeno 8 anni di servizio, e per l’acquisto della prima casa, per spese mediche familiari, o per la formazione lavorativa. Qualora questo fosse stato chiesto, infatti, al termine del contratto di lavoro, verrà erogata solo la parte restante più, eventualmente, la retribuzione maturata negli anni successivi. Il secondo caso, invece, riguarda il pignoramento sulla busta paga. Qualora il lavoratore stesse subendo un pignoramento del quinto, infatti, questo si estenderebbe, automaticamente, al TFR.
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E ancora, il terzo caso riguarda la cessione del quinto dello stipendio. Se il lavoratore non ha ancora estinto il debito, infatti, il datore deve decurtare la residua parte dal TFR. In questo caso, non c’è il limite del quinto e, se il TFR è uguale, o minore al residuo debito, non verrà ricevuto dal lavoratore. Infine, il quarto caso riguarda l’eventualità in cui il lavoratore avesse danneggiato l’azienda presso cui lavora. In questo caso, il datore dovrà prima fargli causa. E, solo dopo la sentenza che condanna il dipendente a risarcire il danno, il datore può trattenere la somma dovuta dal TFR. Anche in questo caso, spiega l’avvocato, non opera il limite del quinto. Per questo, il risarcimento potrà andare a compensare anche il valore totale del TFR.