Molti di noi si sono ripetuti almeno una volta: “Odio fare esercizio”. La sola idea di correre, sollevare pesi o seguire un corso può generare noia, ansia o senso di costrizione.
Ma cosa succederebbe se smettessimo di vedere l’attività fisica come un dovere? Se riuscissimo a modificare il nostro rapporto mentale con il movimento, potremmo scoprire che non è poi così male. Anzi, potrebbe persino piacerci. A dirlo non è solo l’esperienza personale, ma una solida base di studi scientifici che dimostrano come il modo in cui pensiamo all’esercizio influenzi il nostro comportamento più dell’esercizio stesso. Un’indagine condotta da Melinda Craike e Matthew Bourke presso la Victoria University ha dimostrato che associare il movimento a stimoli esterni positivi, come ascoltare la propria musica preferita o ammirare un bel paesaggio durante una camminata, rende l’esperienza più leggera e piacevole. Questo piccolo trucco psicologico distrae dal senso di fatica e trasforma il tempo dell’allenamento in qualcosa di gratificante.
Il piacere guida la motivazione
L’idea alla base è semplice: più ci divertiamo, più saremo motivati a ripetere un’attività. Ecco perché strategie come la gamificazione, ovvero trasformare l’esercizio in un gioco, funzionano così bene. App che offrono badge, sfide o premi virtuali riescono a coinvolgerci sfruttando il nostro bisogno naturale di ricompensa e competizione. Non stiamo più solo “facendo sport”, ma stiamo giocando, progredendo, ottenendo risultati tangibili — anche se simbolici.
Un altro aspetto fondamentale è personalizzare l’intensità dell’esercizio. Secondo uno studio pubblicato su PubMed e condotto da Leighton Jones e Zachary Zenko, scegliere un’intensità che sia in linea con le proprie preferenze rende il movimento più piacevole e sostenibile nel tempo. Quando lo sforzo è adeguato, non si sperimenta frustrazione né senso di fallimento. Al contrario, si costruisce autoefficacia, cioè la sensazione di essere capaci. E questo è uno dei motori psicologici più potenti per la continuità. C’è di più: anche i ricordi e le emozioni legate all’esercizio giocano un ruolo chiave. Il neuroscienziato Marcelo Bigliassi ha mostrato come possiamo “allenare” il nostro cervello a vedere l’attività fisica come qualcosa di positivo. Come? Ad esempio, facendo sport in compagnia o scegliendo momenti della giornata in cui ci sentiamo più energici. Inserire la musica giusta, richiamare ricordi piacevoli o associare l’esercizio a momenti felici crea una nuova narrativa emotiva, capace di trasformare il movimento in una fonte di benessere.
Non è questione di forza di volontà
Chi non ama l’attività fisica spesso crede di non avere la giusta motivazione. Ma la scienza suggerisce qualcosa di diverso: la motivazione nasce dal piacere, non dall’obbligo. Se un’attività ci diverte o ci fa sentire meglio, tenderemo a ripeterla senza doverci forzare ogni volta. Per questo la chiave non è “sforzarsi di fare sport”, ma trovare il modo giusto per viverlo. Incorporare elementi ludici, scegliere l’intensità più adatta e associare l’attività a momenti piacevoli sono strategie semplici, ma efficaci. Non servono tecnologie avanzate né programmi sofisticati. Serve solo un piccolo cambio di prospettiva. Come quando si smette di pensare alla corsa come a un allenamento, e si inizia a viverla come un momento per stare all’aria aperta, ascoltare un podcast o liberare la mente dopo una giornata intensa.
La psicologia del comportamento ci insegna che non esistono attività “noiose” in assoluto. Esistono attività non ancora reinterpretate in modo funzionale. E spesso, basta un piccolo trucco psicologico per ribaltare completamente l’esperienza. In definitiva, se l’esercizio ci pesa, forse stiamo solo sbagliando approccio. Proviamo a spostare l’attenzione, a divertirci di più, a cercare quella scintilla che rende il movimento qualcosa di nostro. Perché, anche se oggi lo odiamo, potremmo presto scoprire che fare attività fisica ci fa stare bene — davvero.