Cosa significa avere paura della “vita vera” dopo le vacanze, secondo la psicologia

Dopo settimane di libertà, relax e ritmi lenti, tornare alla quotidianità può generare un senso di spaesamento profondo: ma cosa ci spaventa davvero della cosiddetta “vita vera” dopo le vacanze?

Le valigie sono disfatte, le sveglie ricominciano a suonare all’alba e le email si accumulano senza pietà. Per molti, il rientro dalle vacanze rappresenta un brusco risveglio che va ben oltre la nostalgia per il mare o la montagna: è un vero e proprio senso di disagio, un peso interiore difficile da spiegare. La psicologia ha un nome per questo fenomeno: stress da rientro, o post-vacation blues. Non si tratta di una malattia, ma di una condizione emotiva transitoria che colpisce chi fatica a reinserirsi nella routine quotidiana dopo un periodo di stacco.

Durante le ferie, il tempo sembra dilatarsi: le giornate scorrono lente, i pensieri si fanno leggeri e la libertà si sperimenta in modi spesso dimenticati nel corso dell’anno. In vacanza ci si sente più autentici, meno vincolati da obblighi e aspettative. Ecco perché tornare alla cosiddetta “vita vera” può apparire, paradossalmente, come un ritorno a una gabbia invisibile.

Questa paura si manifesta con sintomi che variano da persona a persona: ansia diffusa, tristezza latente, irritabilità, stanchezza cronica, difficoltà a concentrarsi e un senso opprimente di dover riprendere il controllo di ogni cosa. Il ritorno al lavoro o agli impegni familiari diventa così fonte di frustrazione e malinconia, un cortocircuito tra il sé “vacanziero” e quello funzionale che la società ci richiede.

Il ritorno alla routine come sfida identitaria

Secondo gli psicologi, la fase del rientro non è solo un cambio di ritmo, ma una vera transizione identitaria. Durante le vacanze, ognuno di noi ha la possibilità di essere ciò che realmente desidera: una persona libera dagli orari, dai giudizi, dagli obblighi. Tornare alla quotidianità, invece, obbliga a riattivare maschere e ruoli: professionisti, genitori, studenti, figli, partner. Questo salto repentino genera un conflitto tra il sé autentico e quello sociale, che può causare disagio emotivo e senso di smarrimento.

Uno studio del Centro Moses ha evidenziato come il rientro costringa a una riorganizzazione completa della propria esistenza: scadenze, responsabilità e aspettative si accavallano, provocando una sorta di vertigine mentale. Il bisogno psicologico di controllo e prevedibilità viene minacciato, innescando così ansia e demotivazione. Nelle persone particolarmente sensibili, questo processo può sfociare in una forma lieve ma concreta di disturbo dell’adattamento.

Vita vera dopo le vacanze
Vita vera dopo le vacanze

Le cause, dunque, non sono superficiali. Le vacanze soddisfano bisogni fondamentali come il riposo, la libertà e la connessione con sé stessi o con gli altri. Il loro improvviso venir meno può lasciare un vuoto difficile da colmare. Tra i sintomi più comuni si segnalano: perdita di interesse per le attività quotidiane, nervosismo, affaticamento psicofisico, senso di solitudine, malinconia.

È importante distinguere però lo stress da rientro da forme più gravi come la depressione clinica. Nel primo caso, il malessere tende a diminuire entro pochi giorni o settimane, man mano che il corpo e la mente si riadattano alla normalità. Nella depressione, invece, il senso di vuoto e impotenza persiste e compromette il funzionamento quotidiano. Se il disagio non si risolve nel tempo, è fondamentale rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta.

Come affrontare la paura della “vita vera” secondo gli esperti

La buona notizia è che questa forma di disagio è prevenibile e gestibile. Gli esperti suggeriscono innanzitutto di considerare la transizione come un processo, non come un obbligo immediato. Tornare alla routine non deve essere una corsa a riprendere tutto da dove si era lasciato. È preferibile reintrodurre i vecchi ritmi a piccoli passi, magari iniziando con attività piacevoli o poco impegnative prima di affrontare le sfide più complesse. Un altro consiglio fondamentale è quello di non colpevolizzarsi. Provare tristezza o spaesamento non è un fallimento, ma una reazione naturale al cambiamento. Accogliere il proprio malessere, ascoltarlo e dargli un nome può aiutare a elaborarlo più velocemente.

È utile anche cercare di mantenere nella vita quotidiana alcuni elementi positivi della vacanza: hobby, pause rigeneranti, contatto con la natura, momenti di socialità vera. In fondo, ciò che ci fa stare bene in vacanza non è solo l’assenza di lavoro, ma la possibilità di vivere in modo più presente, consapevole e in linea con i nostri bisogni. Infine, se l’ansia o la demotivazione persistono per settimane, è il caso di chiedere aiuto a un professionista. La psicoterapia, anche breve, può essere uno strumento efficace per comprendere cosa ci sta succedendo e trovare nuove risorse interiori.

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