Per quale motivo molte persone non riescono a staccarsi dalle vecchie abitudini? Ecco, secondo la psicologia, una spiegazione chiara e dettagliata dei motivi e delle cause nascoste dietro.
Le abitudini sono il filo invisibile che tesse la nostra quotidianità. Ogni mattina, ci svegliamo e, spesso senza pensarci troppo, ci ritroviamo a seguire una sequenza di azioni che si ripetono meccanicamente: il caffè, il traffico, la lettura del giornale, la stessa strada per andare al lavoro. Eppure, se ci fermiamo un attimo a riflettere, ci accorgiamo che le abitudini sono molto più di semplici routine. Per molti finiscono per diventare veri e propri comportamenti meccanici, una parte della propria vita a cui non poter rinunciare in alcun modo. Ma cosa succede quando queste abitudini non sono più funzionali alla nostra crescita e ai nostri desideri più profondi? Perché è così difficile lasciarle andare?
Le abitudini non sono solo azioni ripetitive, ma anche legami emotivi e psicologici che si formano nel tempo. Se ci pensiamo, ogni comportamento quotidiano che abbiamo messo in atto per mesi o anni è stato rinforzato da una sorta di “premio”. Mangiare un dolce ci dà una gratificazione immediata, guardare un programma televisivo ogni sera diventa un modo per rilassarci, e fare sempre la stessa passeggiata diventa una zona di comfort. Tutto questo spinge molte persone, a vivere con una sorta di rassicurazione emotiva, un modo per sentirsi al sicuro.
Perché le vecchie abitudini sono così difficili da cambiare? La risposta dalla psicologia
Secondo gli psicologi, ciò che rende tanto potenti e difficili da rompere le abitudini è il nostro cervello. La psicologia comportamentale ci spiega che, quando facciamo qualcosa ripetutamente, il nostro cervello forma delle connessioni neurali che le rendono più facili da eseguire nel tempo. Queste connessioni vengono alimentate da dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere. In altre parole, più una certa abitudine viene ripetuta, più il cervello diventa “dipendente” dal piacere che ne deriva. Così, anche se sappiamo che una determinata abitudine non ci fa bene, il nostro cervello si oppone al cambiamento, come se ci stesse dicendo “è sicuro così, perché rischiare?” Molto spesso il timore di scoprire cose nuove e la riuscite di queste, limita l’intraprendenza delle persone. Per questo motivo, anche quando le abitudini diventano dannose, non è facile distaccarsene.
È ad ogni modo possibile interrompere il ciclo delle vecchie abitudini e liberarsi dalla loro morsa, ma farlo richiede impegno, consapevolezza e determinazione. Il primo passo per riuscire a fare cambiamenti duraturi nella nostra vita è riconoscere quanto le vecchie abitudini stiano limitando la nostra crescita. Il primo passo verso il cambiamento è l’autoconsapevolezza. Annota le tue abitudini, i tuoi comportamenti quotidiani e valuta se sono positivi o se, al contrario, ti stanno frenando. Quando proviamo a cambiare abitudini, il nostro cervello si oppone per paura di uscire dalla zona di comfort. Il segreto per non sentirsi sopraffatti è procedere gradualmente. Il cervello ha una grande capacità di adattamento. Se vuoi abbandonare una vecchia abitudine, cerca di sostituirla con una nuova e più salutare. La paura del fallimento o dell’errore è una delle principali ragioni che ci impedisce di provare qualcosa di diverso. Ma la psicologia ci insegna che è proprio nell’incertezza che risiedono le opportunità di crescita. Distaccarsi dalle vecchie abitudini non è facile, ma non è nemmeno impossibile. Le abitudini fanno parte di noi, ma non devono definire chi siamo.
Per quale motivo è difficile distaccarsi dalle vecchie abitudini: gli studi psicologici
Robert Kegan e Lisa Lahey, due ricercatori della Harvard Graduate School of Education, hanno studiato i motivi per cui le persone faticano a liberarsi dalle vecchie abitudini, sviluppando il concetto di “immunità al cambiamento”. Secondo le loro ricerche, la resistenza al cambiamento non è solo una questione di pigrizia o mancanza di motivazione, ma nasce da un conflitto interno tra il desiderio di cambiare e degli impegni nascosti che tengono l’individuo ancorato alle sue routine. Questo squilibrio crea un “blocco” che rende difficile il cambiamento, anche quando è desiderato. Anche Albert Ellis, in ambito psicologico, ha analizzato la resistenza al cambiamento, attribuendola a fattori come la paura dell’incertezza, una bassa tolleranza alla frustrazione e convinzioni limitanti. Questi ostacoli psicologici spingono le persone a preferire ciò che conoscono e che è prevedibile, rispetto all’incognito.