Per molti di noi, il relax dovrebbe essere un momento di tregua dallo stress quotidiano.
Eppure, esistono persone che, invece di sentirsi meglio, sperimentano un’ansia crescente proprio quando cercano di rilassarsi. Questo fenomeno, noto come ansia indotta dal rilassamento (RIA), è stato studiato da Heide e Borkovec nel 1983. Secondo la loro ricerca, chi soffre di disturbo d’ansia generalizzato tende a percepire il rilassamento come una situazione di vulnerabilità, innescando un senso di disagio anziché di benessere. Alexandra Crosswell ed Elissa Epel, dell’Università della California, hanno analizzato come lo stress cronico impedisca il vero “riposo profondo”. Molte persone trascorrono la giornata in uno stato di tensione costante, in cui il cervello rimane iperattivo per l’incapacità di lasciarsi andare completamente. Questo stato di allerta può derivare da una sensazione di perdita di controllo sulla propria vita o da una continua preoccupazione per il futuro.
Il cervello sotto stress: cosa succede davvero?
Lo stress prolungato non si limita a influenzare le emozioni, ma ha effetti concreti sulla struttura del cervello. La neuroscienziata Amy Arnsten ha scoperto che lo stress cronico può portare all’assottigliamento della materia grigia nella corteccia prefrontale, la regione responsabile delle decisioni complesse e della regolazione delle emozioni. Questo significa che, nel tempo, lo stress costante riduce la nostra capacità di gestire le situazioni difficili, rendendoci più inclini a sentirci sopraffatti. Uno studio di Hanjoo Kim e Michelle G. Newman ha evidenziato come alcune persone siano particolarmente sensibili ai contrasti emotivi. Per chi soffre di ansia generalizzata, il passaggio da uno stato di tensione a uno di rilassamento è percepito come un cambiamento troppo brusco. Questo può innescare una reazione negativa, facendo sì che il tentativo di rilassarsi diventi fonte di ulteriore stress. Anche Kerry Ressler, della Harvard Medical School, ha studiato gli effetti dello stress cronico sul cervello. Le sue ricerche suggeriscono che uno stress prolungato può alterare il bilanciamento tra le aree cerebrali che regolano la paura e quelle che controllano le funzioni cognitive superiori. In altre parole, chi vive sotto pressione per lunghi periodi sviluppa una maggiore reattività emotiva, che rende più difficile rilassarsi.
Come imparare a rilassarsi senza ansia
Se il cervello rimane bloccato in uno stato di allerta costante, trovare il modo di rilassarsi può sembrare impossibile. Tuttavia, alcune strategie si sono dimostrate efficaci. La Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), studiata da Mitra Kabiri, aiuta le persone a riconoscere e modificare i pensieri negativi che alimentano lo stress. Questo approccio può essere utile per chi associa il rilassamento a un senso di pericolo o vulnerabilità. Anche la Terapia di Accettazione e Impegno (ACT), analizzata da Mahmoudpour, si è dimostrata efficace nel migliorare la flessibilità psicologica. Questo significa imparare a convivere con le emozioni negative senza lasciarsi sopraffare, riducendo la sensazione di pericolo che il rilassamento può generare.
Per alcuni, il rilassamento deve essere un processo graduale. Tecniche come la mindfulness e la respirazione profonda possono aiutare il cervello ad abituarsi lentamente a stati di calma, senza generare ansia improvvisa. Creare una routine di rilassamento personalizzata, evitando cambiamenti troppo drastici, può rendere il processo più naturale e meno stressante. L’incapacità di rilassarsi completamente non è solo una questione di abitudini, ma un vero segnale che il cervello sta lottando con lo stress accumulato nel tempo. Comprendere questo meccanismo è il primo passo per ritrovare un equilibrio interiore, migliorando il benessere psicologico e la qualità della vita.