Chiunque abbia viaggiato almeno una volta da solo lo sa: basta un caffè in ostello o uno sguardo complice durante un’escursione perché tra sconosciuti nasca un legame improvviso, autentico, quasi magico.
C’è qualcosa di magico che accade quando si parte. Basta allontanarsi dalla routine quotidiana, dai soliti volti e luoghi, per accorgersi che, all’improvviso, diventa più facile aprirsi agli altri. In viaggio, bastano poche parole scambiate su un autobus polveroso, un sorriso condiviso davanti a un tramonto mozzafiato o una birra bevuta in ostello per sentirsi amici da sempre. Ma perché succede?
A rispondere sono psicologi e sociologi, che negli ultimi anni hanno studiato il fenomeno con grande interesse. I dati confermano ciò che molti viaggiatori già sanno per esperienza diretta: lontano da casa, le connessioni umane si creano più in fretta, diventano più profonde e, talvolta, più autentiche.
Una delle spiegazioni principali sta nella condivisione di esperienze intense. Viaggiare ci catapulta in situazioni nuove, talvolta stressanti, spesso emozionanti: si perdono treni, si affrontano imprevisti, si scoprono panorami che tolgono il fiato o si vive per la prima volta qualcosa di completamente fuori dall’ordinario. Queste esperienze condivise funzionano da catalizzatore emotivo: favoriscono un senso di complicità immediata tra sconosciuti. È come se le barriere che normalmente manteniamo intorno a noi si abbassassero. L’altro smette di essere un estraneo e diventa il compagno con cui hai superato una notte insonne in aeroporto o fatto l’autostop in un paese lontano.
Lontani dai ruoli sociali, vicini alla nostra vera essenza
C’è poi un altro elemento fondamentale: l’apertura mentale. Chi sceglie di viaggiare, specialmente da solo o in luoghi culturalmente diversi dal proprio, dimostra una predisposizione naturale alla curiosità, alla scoperta, al dialogo. Questo atteggiamento si riflette nei rapporti interpersonali: si è più inclini a fidarsi, a raccontarsi, a chiedere “e tu, da dove vieni?” senza diffidenza. In questo clima di apertura reciproca, le relazioni sbocciano spontaneamente, e a volte durano anche ben oltre la fine del viaggio.
Un aspetto affascinante dell’esperienza del viaggio è che, lontani dal nostro contesto abituale, ci sentiamo più liberi di essere noi stessi. Nessuno sa che lavoro facciamo, quali etichette sociali ci sono state appiccicate, o quali ruoli rivestiamo nella vita quotidiana. Le persone che incontriamo lungo la strada ci conoscono per quello che siamo in quel momento: un volto nuovo con una storia da raccontare. Questa sospensione dei giudizi sociali ci permette di abbassare la guardia e connetterci in modo più genuino.
Inoltre, spesso durante il viaggio ci unisce un obiettivo comune: scoprire un luogo nuovo, esplorare, conoscere. Questa condivisione d’intenti, che sia raggiungere una vetta insieme, perdersi in un mercato locale o semplicemente trovare un buon posto dove mangiare, crea rapidamente un senso di comunità. È un terreno fertile per far nascere amicizie sincere, perché si parte già con qualcosa in comune, un’esperienza da vivere insieme.
A supporto di queste osservazioni ci sono studi significativi. Lo studio “Dimensioni dell’amicizia nelle esperienze di viaggio condivise” (Matteucci et al., 2019), ad esempio, mostra come la condivisione di spazi intimi, la gestione di piccole sfide quotidiane e i momenti di confidenza durante un viaggio contribuiscano allo sviluppo di legami forti. Le esperienze comuni non solo avvicinano le persone, ma permettono anche una migliore scoperta di sé. In fondo, quando si viaggia, si torna a uno stato primordiale di scoperta del mondo, degli altri, e di sé.