La paura dei germi è un’eredità del Covid? La risposta arriva dalla psicologia e chiarisce molti aspetti che probabilmente non conoscevi. L’effetto causato è molto curioso.
Il Covid ha cambiato molte cose nelle nostre vite. Abitudini, relazioni, persino il modo in cui percepiamo il mondo intorno a noi. Tra le conseguenze più evidenti, c’è un fenomeno curioso: la paura dei germi. Ma è davvero una novità nata con la pandemia? Prima del 2020, le strette di mano erano un segno di cortesia. Gli abbracci, un gesto d’affetto. Poi tutto è cambiato. La paura ha preso il sopravvento e il timore di poter stringere la mano a qualcuno senza infettarsi, è diventata protagonista dei nostri pensieri primari.
Durante la pandemia, ci siamo abituati a mantenere le distanze. Il contatto fisico è diventato un rischio. E anche ora, anni dopo, molte persone faticano a tornare a un’interazione spontanea. Non si tratta solo di precauzione. Per alcuni, il pensiero di toccare superfici pubbliche, condividere oggetti o persino stare troppo vicini a qualcuno provoca ansia.
Questa paura si è radicata così profondamente da modificare il nostro comportamento sociale. In quanti ancora oggi vivono con questo timore? Alcune esperienze finiscono per lasciare abitudini difficili da superare.
Hai la fobia dei germi e non sai come uscirne? Ecco i rimedi da mettere in pratica
Ci sono due fobie specifiche, in linea con questo argomento. Si tratta di Mysophobia e Germaphobia. Entrambe sono specifiche e note anche come paure irrazionali dei germi. La mysophobia è una fobia che causa ansia e paura intensa nei confronti dei germi e dei batteri, e può essere esacerbata da eventi come la pandemia di COVID-19. Uno studio ha suggerito che l’esposizione a notizie negative sulla pandemia può aumentare l’ansia legata ai germi. Questo per dire quindi quanto la mente umana si faccia condizionare da ciò che sentiamo e dalla percezione che abbiamo sulle informazioni che magari in quel momento non ci riguardano in prima persona. Di sicuro i social hanno alimentato il tutto e continuano a farlo ancora oggi. Leggere e seguire questioni e racconti pubblicati in rete, ci aiuta in parte a scoprire cose nuove ma anche a condizionarci maggiormente. Per questo motivo, è bene imparare a distinguere il reale dal virtuale e fare un buon uso delle varie piattaforme.
Curiosamente, la paura di ammalarsi ha portato molte persone a una maggiore solitudine. Evitare il contatto fisico significa meno interazioni sociali. Meno abbracci, meno momenti di condivisione. Questo ha conseguenze psicologiche importanti. La solitudine prolungata può aumentare lo stress e l’ansia. E la mancanza di interazioni sociali abbassa la capacità di affrontare situazioni nuove o impreviste. Un paradosso: per proteggerci dai germi, abbiamo reso più vulnerabile la nostra salute mentale. Ma come dire addio a questa paura e tornare ad avere un rapporto più sereno con l’ambiente e con gli altri? Fortunatamente, il cervello umano è plastico. Si adatta. E così come ha imparato la paura, può anche disimpararla. Il primo passo è la consapevolezza. Capire che il rischio non è più lo stesso di prima aiuta a ridimensionare le paure. Poi c’è l’esposizione graduale. Tornare a stringere una mano. Toccare oggetti senza disinfettarsi subito. Abituarsi di nuovo al contatto umano. Piccoli passi possono fare la differenza. Perché il vero rischio non è il contatto con il mondo, ma il vivere in una costante paura.