Con l’arrivo della primavera ci aspettiamo una carica di energia, giornate più lunghe, umore più alto. Eppure, molte persone sperimentano l’effetto opposto: stanchezza persistente, difficoltà a concentrarsi, sbalzi d’umore.
Non si tratta di pigrizia o mancanza di volontà, ma di un fenomeno reale che coinvolge il nostro cervello e il nostro organismo: la stanchezza di primavera, nota anche come “spring fatigue” o “spring asthenia”. Questa condizione ha basi scientifiche solide. Diversi studi hanno confermato che i cambiamenti stagionali, in particolare il passaggio dall’inverno alla primavera, alterano l’equilibrio ormonale e il ritmo circadiano. Due elementi che regolano profondamente energia, sonno e stato d’animo.
Cosa succede davvero nel cervello in primavera
Con l’aumento delle ore di luce, il corpo produce meno melatonina, l’ormone che regola il sonno, e più serotonina, legata al tono dell’umore. Questo improvviso sbilanciamento può generare uno stato di confusione interna, in cui il corpo si sente stanco ma il cervello è stimolato. Secondo uno studio pubblicato su Chronobiology International, questo passaggio può provocare irritabilità e fatica mentale, specialmente nei primi giorni di adattamento. Il Professor Lim, esperto nei cambiamenti del sonno legati alla temperatura, ha mostrato come anche le variazioni climatiche primaverili influiscano sui ritmi sonno-veglia. Le temperature altalenanti possono disturbare il sonno notturno e peggiorare la qualità del riposo, contribuendo alla sensazione di stanchezza durante il giorno.
Un altro elemento da considerare è l’introduzione dell’ora legale, che può avere un impatto sottovalutato. La perdita anche solo di un’ora di sonno può provocare una vera e propria disregolazione del ritmo circadiano, con effetti simili al jet lag. Il risultato è un corpo che fatica ad adattarsi, anche quando apparentemente le condizioni esterne sembrano ideali.
Non è tutto nella biologia: c’entra anche la mente
Oltre ai fattori fisiologici, entrano in gioco anche dinamiche psicologiche profonde. Il cambiamento di stagione implica un riadattamento emotivo. Come sottolinea la psicologa olistica Claudia Kohla, il nostro metabolismo subisce delle fluttuazioni che ci rendono più sensibili allo stress. La primavera, da questo punto di vista, non è solo un passaggio climatico, ma un vero e proprio momento di ricalibrazione dell’equilibrio interno.
C’è poi un aspetto mentale ancora più sottile. In primavera, ci aspettiamo di sentirci più attivi, motivati, in forma. Queste aspettative sociali e personali, se non corrispondono alla nostra realtà interiore, possono generare frustrazione e senso di inadeguatezza. Secondo i principi esposti dal Dr. Robert Jennings, esperto di “temporal landmarks”, questo periodo viene percepito come un “nuovo inizio”. Ma se non ci sentiamo pronti, il contrasto tra ciò che vorremmo essere e ciò che sentiamo davvero può diventare fonte di stress. La stanchezza primaverile ci ricorda che il corpo ha bisogno di tempo per adattarsi. Non è un difetto, ma un processo fisiologico e psicologico naturale. Spingere sull’acceleratore quando il cervello è in fase di riassestamento può peggiorare il malessere.
Prendersi cura del sonno, fare movimento all’aria aperta e seguire un’alimentazione ricca di vitamine sono strumenti efficaci, ma non bastano da soli. È importante anche ridurre la pressione mentale, accettare che la transizione possa essere lenta e non giudicarci se non siamo subito al massimo delle nostre energie.
Primavera non è solo fioritura esterna. È una fase di trasformazione interna, e come ogni cambiamento profondo, ha bisogno di rispetto, consapevolezza e ascolto. Solo così si può davvero sbocciare, senza forzature.