Lavoro, avvocato scioglie ogni dubbio: “Cos’è l’insubordinazione del dipendente e quando si può essere licenziati”

Avvocato scioglie ogni dubbio sull’insubordinazione del dipendente nei confronti del datore di lavoro: ecco quando si configura e quando si può essere licenziati.

In Italia il licenziamento rappresenta l’interruzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore. Affinché sia legittimo, deve essere motivato e rientrare in precise categorie stabilite dalla legge. La giusta causa è prevista in presenza di comportamenti gravi del lavoratore, tali da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario. Questo tipo di licenziamento è immediato e non prevede preavviso. Si applica in casi estremi, come furti aziendali, minacce o uso scorretto dei permessi. Anche simulare malattia o violare il patto di non concorrenza rientra in questa categoria.

Diverso è il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, che si basa su inadempienze meno gravi, come negligenza o scarso rendimento. In tali situazioni, è previsto un preavviso e la risoluzione del contratto assume una connotazione più progressiva. Il giustificato motivo oggettivo, invece, prescinde dalla condotta del dipendente e riguarda necessità organizzative o economiche dell’azienda. Può derivare da crisi, riorganizzazioni, innovazioni tecnologiche o da una sopravvenuta inidoneità fisica o psichica del lavoratore. Il licenziamento verbale, salvo eccezioni, è privo di efficacia perché la legge impone la forma scritta. È inoltre nullo se fondato su motivi discriminatori o se avviene in periodi protetti, come la maternità. La normativa tutela, dunque, il lavoratore attraverso specifiche procedure e offre la possibilità di contestare il licenziamento davanti al giudice, qualora manchino i presupposti legali dichiarati dal datore.

Lavoro: cos’è l’insubordinazione del dipendente, nei confronti del datore di lavoro, e quando può portare al licenziamento

Uno dei comportamenti negativi più conosciuti come possibili cause di licenziamento è, sicuramente, l’insubordinazione del dipendente. Ma quando si configura, e quando può portare al licenziamento? A rivelarlo, è stata una nota esperta di diritto del lavoro, l’avvocato Wanda Falco. Prima di tutto, l’esperta ha spiegato che uno degli obblighi del dipendente, sancito dall’articolo 2104 del Codice Civile, è l’obbligo di diligenza. Secondo questo articolo, il dipendente è tenuto a rispettare le richieste e le indicazioni dei datori di lavoro e dei superiori gerarchici. Il rispetto delle regole, delle gerarchie e dei processi aziendali è fondamentale per il buon andamento e per la produttività di un’organizzazione. Per questo, comportamenti non in linea con questi obiettivi possono essere contestati e sanzionati.

Lavoro insubordinazione
I casi in cui si configura l’insubordinazione. (Fonte: Instagram – @avv.wandafalco).

Ma quando si configura l’insubordinazione, in concreto, e quando si può essere licenziati per questo? Questo succede, ad esempio, quando il dipendente si rifiuta di rispettare le direttive, o quando viola le politiche aziendali, o modifica le procedure dell’organizzazione lavorativa. Allo stesso modo, ciò accade quando assume atteggiamenti provocatori, o quando usa un linguaggio inappropriato, offensivo o minaccioso nei confronti dei superiori. Nei casi più gravi, l’insubordinazione del dipendente può essere una causa di licenziamento: proprio recentemente, infatti, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare di un dipendente che, in più di un’occasione, aveva insultato il superiore gerarchico e l’aveva provocato con un atteggiamento minaccioso.

 

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È, quindi, in questi casi che l’insubordinazione, da un ‘semplice‘ procedimento disciplinare, può portare a un licenziamento: i casi, cioè, in cui il comportamento sia particolarmente grave, oppure i casi in cui si assumono diversi atteggiamenti negativi, e non solo uno, e, in generale, i casi in cui il comportamento irrispettoso sia reiterato nel tempo. L’esperta spiega, infatti, che le conseguenze variano in base alla gravità della condotta, alla sua frequenza e all’eventuale presenza di precedenti disciplinari. Nei casi meno rilevanti può essere previsto un semplice richiamo scritto, mentre comportamenti più seri possono portare anche al licenziamento.

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