Registrare una conversazione a lavoro non è vietato, ma è necessario attenersi a delle regole per farlo: avvocato spiega i tre punti fondamentali.
Il rispetto della privacy sul lavoro rappresenta un diritto essenziale, sancito sia dalla normativa italiana che da quella europea. La protezione dei dati personali del lavoratore si fonda principalmente sul Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e sul Codice della Privacy italiano, il D.Lgs. 196/2003, aggiornato nel tempo. Ogni trattamento di dati deve avvenire in modo lecito, corretto e trasparente, limitandosi a quanto strettamente necessario e per un periodo proporzionato alle finalità perseguite. Il datore di lavoro ha la possibilità di trattare dati anagrafici, fiscali e, in casi specifici, sanitari, purché adeguatamente motivati e protetti. Può inoltre monitorare orari e performance, ma sempre informando il dipendente. L’uso della videosorveglianza è ammesso solo per motivi organizzativi, di sicurezza o tutela del patrimonio aziendale, e richiede l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. Analogamente, i controlli su strumenti aziendali devono essere proporzionati e non invasivi.
Restano vietati i controlli occulti, la raccolta di informazioni irrilevanti, e la diffusione di dati a terzi senza consenso o base legale. Particolare attenzione è richiesta per i dati sensibili, come quelli sulla salute o le opinioni personali, che necessitano di un consenso esplicito per essere trattati. In ambito di smart working, la protezione della privacy richiede ulteriori cautele: il monitoraggio deve limitarsi alla prestazione lavorativa, evitando ogni forma di intrusione. La violazione delle norme comporta sanzioni, sia economiche che penali, oltre a possibili risarcimenti. Il corretto equilibrio tra esigenze aziendali e diritti individuali resta, quindi, centrale per un ambiente di lavoro conforme e rispettoso.
Lavoro: ecco come si può registrare una conversazione in maniera legale
Nel luogo del lavoro, si possono anche registrare le conversazioni, ma c’è bisogno di rispettare delle regole precise. A rivelarlo, è stata anche una nota esperta di diritto del lavoro, l’avvocato Wanda Falco. In particolare, prima di tutto, l’esperta ha spiegato che le conversazioni possono essere registrate solo se in presenza della persona che ha registrato la conversazione. Quest’ultima, cioè, non può lasciare un registratore, e poi uscire, al fine di registrare una conversazione che, verosimilmente, avverrà in seguito. Non è, in effetti, il lavoratore, il soggetto legittimato a fare le intercettazioni. La finalità della registrazione, poi, deve essere legittima, ed è considerata una finalità legittima l’esercizio del diritto di difesa in giudizio.
È proprio il diritto di difesa in giudizio, spiega l’esperta, che giustifica la limitazione della privacy altrui. Ad esempio, se un lavoratore pensa di essere vittima di mobbing, o di molestie, può registrare le conversazioni, per procurarsi delle prove, da fornire in un futuro giudizio. Allo stesso modo, infine, anche l’uso della registrazione deve essere legittimo: si può quindi, trasmettere al proprio avvocato, come prova, ma non si può divulgare e fare ascoltare a terzi. Va da sé che le conversazioni non possono nemmeno essere divulgate sui social o sui gruppi WhatsApp.
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