Psicologia del rischio: perché prendiamo decisioni pericolose

Per quale motivo prendiamo decisioni pericolose? La psicologia del rischio spiega cosa si nasconde dietro a questi comportamenti, scelte che determinano azioni e fatti quotidiani.

A volte basta un attimo. Un messaggio, uno sguardo, una sensazione di vuoto, prima di prendere una decisione sbagliata. Il rischio, in molti casi, come una voce che non si riesce in alcun modo ad ignorare. Molte persone preferiscono evitare i pericoli, altre invece sembrano cercali di proposito. Non ci sono dubbi, personalità e modi di fare si intervallano di persona in persona. C’è chi cambia lavoro senza un piano e chi invece, seleziona al meglio ogni dettaglio. Stessa cosa in amore, come in amicizia e nella vita di tutti i giorni. Quando prendiamo una decisione rischiosa, il cervello cambia marcia. La dopamina, un neurotrasmettitore legato alla ricompensa, entra in azione. È la stessa sostanza che si attiva quando mangiamo cioccolato o riceviamo un complimento. Solo che nel rischio, il rilascio è più intenso. È come una sferzata, una vera e propria scossa.

Non si tratta solo di impulsività, spesso c’è un senso di controllo nascosto. Chi prende decisioni pericolose spesso non è incosciente. Al contrario, molte volte valuta tutto. Ma poi decide comunque di rischiare. Perché? Perché il guadagno potenziale (non solo economico, anche emotivo) sembra valere il prezzo. È una scommessa contro la noia. Contro l’immobilità e contro la routine. E poi c’è la narrazione personale. “Sono uno che osa”, “non ho paura”, “preferisco vivere intensamente che rimpiangere”. Sono frasi che spesso si ripetono e che rappresentano in qualche modo, l’identità di una persona.

Per quale motivo prendiamo decisioni pericolose? La spiegazione psicologica

Il rischio, in psicologia, non è sempre un atto eroico, alcune volte è un tentativo di fuga. Prendere decisioni pericolose può essere una forma di evitamento. Anziché affrontare la noia, il dolore, l’ansia, scegliamo l’azione, il movimento e la tensione. È una via breve per zittire il malessere. Ma dura poco. Perché dopo il rischio, se va male, arriva la colpa. La paura e la perdita. Se va bene, invece, cresce il desiderio di rischiare ancora. Come una droga. Gli psicologi parlano di “tolleranza al rischio”. Alcune persone ne hanno molta, altre meno. Dipende da vari fattori: genetica, esperienze infantili, personalità. Ma anche dalla cultura. In alcuni ambienti, rischiare è visto come virtù. In altri, come follia. Anche il contesto emotivo è fondamentale. Chi ha vissuto traumi, o ha una vita emotivamente instabile, è più portato a cercare il rischio. È come se un meccanismo interno spingesse a ricreare situazioni di tensione, per sentirsi nel “proprio elemento”. Paradossalmente, il caos può sembrare familiare.

Perché prendiamo decisioni rischiose
Perché prendiamo decisioni rischiose

Eppure non tutto è negativo. Il rischio ha anche lati positivi. Spinge all’azione. Rompe gli schemi e fa nascere nuove possibilità. Ma solo se è un rischio consapevole. Non un automatismo. Non una reazione a un vuoto interiore. Esiste una soglia sottile. Da una parte c’è il rischio creativo. Quello che porta al cambiamento, alla crescita e all’innovazione. Dall’altra c’è il rischio autodistruttivo. Quello che ci isola e ci fa ripetere continuamente gli stessi errori. Come distinguere i due? La chiave è l’intenzione. Se rischio per avvicinarmi a qualcosa che desidero profondamente, posso crescere. Ma se rischio per allontanarmi da qualcosa che non voglio affrontare, sto solo scappando. Il rischio utile è accompagnato da una tensione energica, viva. Il rischio distruttivo da un’ansia che stringe lo stomaco. Imparare ad ascoltarsi è quindi il primo passo per prendere scelte sane e consapevoli.

La psicologia del rischio: ecco gli studi che hanno approfondito questo ambito

La psicologia del rischio studia il modo in cui le persone percepiscono e giudicano le situazioni rischiose. Diversi studiosi hanno fatto luce sulla tematica, tra cui Starr (1969), che ha proposto l’idea che la valutazione del rischio dipenda da fattori come il livello di controllo che si ha e la possibilità di osservare il pericolo. Due meccanismi psicologici chiave sono:
Percezione del pericolo e valutazione del rischio. Il primo riguarda l’identificazione di possibili minacce, mentre il secondo si riferisce al processo decisionale su come affrontare tali minacce. Per quanto riguarda i comportamenti, Hacker (1987) e Rasmussen (1983) hanno individuato tre diversi livelli: un comportamento automatico, basato sull’abilità; un comportamento guidato da regole apprese e uno più riflessivo, fondato sulla conoscenza e su una pianificazione consapevole. Anche la personalità incide fortemente sulla tendenza ad assumere rischi. Le persone estroverse o aperte a nuove esperienze tendono a esporsi maggiormente, mentre chi mostra tratti di neuroticismo o coscienziosità tende ad evitare situazioni potenzialmente rischiose.

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