Capita spesso di entrare in un negozio o navigare online, comprare qualcosa e sentirsi subito un po’ meglio.
Non è solo una sensazione soggettiva: la scienza ha dimostrato che lo shopping può effettivamente migliorare l’umore, almeno nel breve periodo. Questo fenomeno è noto come retail therapy e si basa su meccanismi psicologici precisi. Secondo gli studi di Leonard Lee e Tim M. Böttger, fare shopping può diventare un vero e proprio strumento di regolazione emotiva. In momenti di tristezza o stress, scegliere un prodotto e acquistarlo dà una sensazione di controllo sulla propria vita. Anche piccole decisioni, come il colore di una maglietta o il tipo di tazza da comprare, ci fanno sentire protagonisti. In un mondo che spesso ci travolge, riappropriarsi di un po’ di potere decisionale può farci tirare un sospiro di sollievo. Ma c’è anche qualcosa di più chimico. Quando compriamo qualcosa che ci piace, il nostro cervello rilascia dopamina, il cosiddetto “ormone della felicità”. È lo stesso che si attiva quando mangiamo cioccolato o riceviamo un complimento. Questo spiega perché, anche dopo una giornata difficile, un acquisto può regalarci un piccolo picco di benessere.
L’illusione del benessere duraturo
Tuttavia, questa sensazione di leggerezza non dura a lungo. Diversi studi, tra cui quelli di Atalay e Meloy, evidenziano che la retail therapy è spesso legata ad acquisti impulsivi, fatti più per reagire a un’emozione negativa che per reale necessità. In quel momento ci sembra di “meritarcelo”, e in effetti ci sentiamo meglio. Ma poi? Molto spesso, dopo l’euforia iniziale, subentrano emozioni contrastanti. Il rimorso per la spesa fatta, il dubbio sulla reale utilità di ciò che abbiamo comprato o la consapevolezza di aver cercato una soluzione rapida a un disagio più profondo. Questo ciclo può diventare un’abitudine difficile da spezzare, specialmente se lo shopping diventa un modo per evitare il confronto con emozioni più complesse. In alcuni casi, l’uso eccessivo della retail therapy può sfociare in comportamenti compulsivi. Secondo diverse ricerche, tra cui quelle legate alla compulsione d’acquisto, esiste un legame tra shopping impulsivo e stress finanziario, che a sua volta alimenta ansia e senso di frustrazione. Si entra così in un circolo vizioso, in cui il rimedio diventa parte del problema.
Ascoltare il bisogno nascosto dietro l’acquisto
Come ha sottolineato Chris Gray, psicologo clinico, il vero problema non è lo shopping in sé. Il punto è capire perché lo facciamo. Se compriamo per riempire un vuoto emotivo, allora forse abbiamo bisogno di affrontare quella sensazione, non di distrarci da essa. Esistono, per fortuna, alternative più sane e durature per ritrovare un senso di benessere. Attività come l’esercizio fisico, la meditazione o una semplice passeggiata all’aria aperta hanno effetti positivi sull’umore e sulla salute mentale, senza portare con sé i rischi legati agli acquisti eccessivi. Non è un caso se molti studi suggeriscono queste pratiche come strumenti efficaci per ridurre ansia e stress.
In definitiva, comprare qualcosa ogni tanto per coccolarsi non è sbagliato. Anzi, può essere un gesto d’amore verso se stessi. Ma quando il bisogno di fare shopping diventa ricorrente, quando è l’unico modo che conosciamo per “tirarci su”, forse è il momento di fermarsi e ascoltare quello che sentiamo davvero. La retail therapy può offrire una soluzione rapida, ma il benessere duraturo si costruisce su basi diverse.