C’è una serie tv su Netflix, uscita solo otto anni fa, che può essere perfetta per le persone nostalgiche degli anni Ottanta e, in generale, del passato: ecco tutti i dettagli.
Nel catalogo di Netflix si nasconde una serie capace di evocare con forza gli anni più iconici del passato, riuscendo nell’impresa di essere, al contempo, moderna e profondamente nostalgica. GLOW, ambientata nel 1985, è molto più di una ricostruzione stilistica: si tratta di un’esperienza immersiva nella cultura visiva e sociale degli anni Ottanta, raccontata attraverso le vite di donne in cerca di riscatto, identità e connessione. Al centro della narrazione si trova Ruth Wilder, un’attrice fallita che, alla ricerca di una seconda occasione, viene scritturata per un improbabile programma televisivo dedicato al wrestling femminile. L’idea, inizialmente vista con diffidenza, si trasforma presto in un’opportunità di rinascita. Attorno a lei si muove un’umanità vivida e polifonica, tra cui spicca Debbie Eagan, ex star di soap e madre in crisi, che cerca di conciliare l’immagine pubblica con un desiderio interiore di indipendenza e riconoscimento.
Questo microcosmo di personaggi femminili, tutti così diversi eppure legati da un bisogno comune di espressione, costituisce il cuore pulsante della serie. GLOW non si limita a riproporre oggetti di scena e riferimenti pop in modo meccanico, ma immerge lo spettatore in un’atmosfera coerente e strutturata. Gli abiti sgargianti, le colonne sonore synth-pop e le pettinature esagerate non sono semplici accessori estetici. Funzionano come porte d’accesso a un mondo in cui l’esuberanza convive con la precarietà, e in cui ogni dettaglio visivo restituisce la complessità del decennio rappresentato. Inoltre, la regia e la scrittura costruiscono con attenzione una coralità che rifugge le gerarchie narrative tradizionali, dando spazio e voce anche alle storie più marginali.
Se sei una persona nostalgica, amerai questa serie: GLOW è su Netflix
Un aspetto distintivo della serie è l’autenticità delle sequenze di lotta. Le attrici hanno seguito un rigoroso addestramento da wrestler, senza l’impiego di controfigure, restituendo al ring una fisicità reale e credibile. Questo impegno contribuisce in modo decisivo alla coerenza emotiva della narrazione, rafforzando la sensazione che lo spettacolo e la vita non siano poi così distanti. Il ring, in questo senso, diventa metafora di resistenza, di sfida e di trasformazione. Accanto agli elementi narrativi e visivi, la serie solleva temi rilevanti come la rappresentazione delle donne nei media, le dinamiche di potere, il razzismo latente e le forme di solidarietà tra soggetti esclusi.
Il tutto è trattato con un equilibrio sottile tra ironia e dramma, che evita tanto la retorica quanto la superficialità. La produzione, curata da Liz Flahive, Carly Mensch e Jenji Kohan, garantisce un livello qualitativo elevato, tanto nella costruzione dei dialoghi quanto nella gestione dei ritmi narrativi. Una serie che, inoltre, scorre molto velocemente e in maniera decisamente piacevole.
Perché guardare serie ambientate negli scorsi decenni fa bene alle persone, soprattutto se particolarmente nostalgiche
GLOW non è soltanto un prodotto di intrattenimento ben confezionato. Esso si inserisce, in effetti, in un discorso più ampio che riguarda il rapporto tra memoria, emozioni e benessere psicologico. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Consciousness and Cognition (Volume 90, Articolo n. 103107, 1 aprile 2021), firmato dai ricercatori Jiang Tonglin, Cheung Wing-Yee, Wildschut Tim e Sedikides Constantine, la nostalgia rappresenta una risorsa emotiva importante. Lo studio mostra che, rispetto ad altre forme di riflessione sul passato, la nostalgia incrementa emozioni positive, migliora l’autostima, rafforza il senso di continuità del sé e favorisce il senso di connessione sociale. Inoltre, promuove un maggiore ottimismo, rivelandosi benefica sia per individui britannici che cinesi, e confermando quindi una dimensione psicologica universale.
In questo contesto, la visione di una serie come GLOW può essere interpretata non solo come evasione, ma anche come esercizio rigenerativo. L’evocazione di un’epoca passata — tramite immagini, suoni e trame emotive — consente allo spettatore di trovare un rifugio affettivo, ma anche uno specchio utile per comprendere meglio il presente. Invece di fuggire dalla realtà, la nostalgia messa in scena diventa uno strumento per affrontarla. Quindi, ciò che rende GLOW un oggetto culturale di valore è proprio la sua capacità di conciliare la memoria con la consapevolezza. È una serie che invita a guardare indietro senza perdersi, a riconoscere il passato come matrice affettiva da cui trarre forza, non come prigione sentimentale. Per chi cerca, in una visione, il calore di un ricordo e la spinta di una nuova narrazione, GLOW rappresenta un tuffo negli anni più belli — ma con gli occhi ben aperti sul presente.