Vivi con la paura di fallire? 5 segnali che sei più ambizioso della media (ma non lo sai)
Quante volte hai rimandato quel progetto che ti stava a cuore? Quante volte hai detto “non fa per me” prima ancora di provarci davvero? E quante volte hai pensato “tanto non ce la farò mai” mentre guardavi qualcuno realizzare esattamente quello che desideravi tu?
Se ti sei riconosciuto in almeno una di queste situazioni, quello che sto per dirti potrebbe cambiare completamente la percezione che hai di te stesso. La verità è che spesso le persone che si bloccano di più, che procrastinano come campioni olimpici e che si convincono di non essere abbastanza, non sono affatto pigre o prive di talento. Diversi studi psicologici indicano che questi comportamenti possono essere espressione di una forte ambizione nascosta e di elevati standard interni.
Il paradosso dell’ambizione nascosta
Nel campo della psicologia contemporanea, studiosi come la professoressa Carol Dweck dell’Università di Stanford hanno analizzato a fondo il fenomeno del fixed mindset e del growth mindset. Secondo le sue ricerche, le persone con un mindset fisso tendono a evitare le sfide non perché non gliene importi, ma esattamente per il motivo opposto: gliene importa troppo.
Quando sei tremendamente ambizioso ma hai paura di fallire, il tuo cervello adotta una strategia di difesa geniale quanto dannosa: ti convince a non provarci nemmeno. È quello che la letteratura psicologica definisce auto-sabotaggio, ovvero strategie di evitamento messe in atto per proteggere l’autostima. In pratica, è come se la tua mente dicesse: “Se non provi, tecnicamente non puoi fallire”.
I 5 segnali nascosti della tua ambizione segreta
1. Sei un perfezionista cronico (e questo ti paralizza)
Se ti ritrovi a non pubblicare quel post, a non inviare quella candidatura, a non condividere quella tua idea perché “non è ancora abbastanza buona”, congratulazioni: sei più ambizioso di quanto pensi. Una meta-analisi condotta da Thomas Curran e Andrew Hill pubblicata nel 2017 ha mostrato un incremento significativo del perfezionismo socialmente prescritto tra i giovani.
Ma ecco il punto: il perfezionismo non nasce dal non avere standard. Nasce dall’avere standard altissimi. Talmente alti che qualsiasi cosa fai ti sembra inadeguata. Non è pigrizia, è il terrore di non essere all’altezza della versione di te che hai nella testa. Il perfezionismo deriva spesso da standard molto elevati e dalla paura di essere giudicati.
2. Confronti ossessivamente te stesso con gli altri
Secondo segnale rivelatore: passi un sacco di tempo a guardare cosa fanno gli altri. Scrolli Instagram guardando i successi altrui, leggi di persone che “ce l’hanno fatta” e ti senti contemporaneamente ispirato e inadeguato. Leon Festinger ha spiegato che gli esseri umani hanno un bisogno innato di valutare se stessi confrontandosi con gli altri, ma non tutti si confrontano con la stessa intensità.
Se confronti ossessivamente te stesso con gli altri, stai sempre misurando la distanza tra dove sei e dove vorresti essere. E indovina? Quella distanza rappresenta esattamente la misura della tua ambizione non riconosciuta. Uno studio del 2018 ha evidenziato come il confronto sociale ascendente sia correlato sia con maggiori livelli di aspirazione che con maggiore ansia.
3. Hai una collezione di progetti iniziati e mai finiti
Terzo segnale: il tuo hard disk o la tua mente è un cimitero di progetti incompiuti. Quel corso online seguito a metà, quel romanzo abbandonato al terzo capitolo, quella app che volevi sviluppare. Sembra l’identikit di qualcuno senza costanza, ma è l’identikit di qualcuno con troppa ambizione.
Il concetto dietro questo comportamento è legato alla paura del giudizio combinata con la sindrome dell’impostore, studiata per la prima volta da Pauline Clance e Suzanne Imes nel 1978. Una ricerca del 2011 ha mostrato che chi ha alte aspettative su di sé tende ad avviare più progetti proprio perché la mente è costantemente alla ricerca della “cosa giusta”.
4. Razionalizzi costantemente perché “non è il momento giusto”
Sei un maestro della razionalizzazione: “Comincerò quando avrò più tempo”, “Prima devo fare questo corso”, “Non ho ancora abbastanza esperienza”. Queste non sono analisi razionali della situazione, sono meccanismi di difesa psicologica.
Una ricerca del 2010 ha evidenziato che le giustificazioni elaborate per procrastinare sono tipiche di persone con aspettative elevate sui risultati. Rimandi non perché non ti importa, ma perché ti importa così tanto che il pensiero di non riuscire ti paralizza. Timothy Pychyl, esperto di procrastinazione, ha documentato che il rinvio cronico è strettamente legato alla gestione delle emozioni legate all’ansia da prestazione.
5. Minimizzi sistematicamente i tuoi successi
Quando ottieni un successo, lo sminuisci immediatamente: “È stata solo fortuna”, “Chiunque avrebbe potuto farlo”, “Non è poi così importante”. Questo comportamento ha un nome preciso: self-handicapping, una strategia che serve a proteggere la propria autostima.
Uno studio del 2014 ha documentato come chi ha alte ambizioni tenda a minimizzare i propri successi attribuendoli a fattori esterni mentre attribuisce i fallimenti a carenze personali interne. È un modo per mantenere basse le aspettative altrui e ridurre la pressione futura, anche se significa sacrificare il riconoscimento presente.
Perché nascondiamo la nostra ambizione
Ma perché dovremmo nascondere qualcosa di positivo come l’ambizione? Albert Bandura ha introdotto il concetto di self-efficacy negli anni ’70. Quando la nostra ambizione supera significativamente la nostra percezione di auto-efficacia, si crea un “gap psicologico doloroso”. Vogliamo molto, ma non crediamo di poter ottenere ciò che vogliamo.
Quindi la nostra mente nasconde l’ambizione. Se ti convinci di non volere davvero quella cosa, il gap scompare. Il dolore si attenua, ma sparisce anche la motivazione a provarci. C’è anche una componente sociale: Brené Brown ha evidenziato come la cultura moderna celebri l’ambizione ma punisca chi “mira troppo in alto” con il giudizio.
Come trasformare la paura in carburante
Cosa fare con questa consapevolezza? Prima di tutto, riconoscila. Se ti sei riconosciuto in questi segnali, è ora di chiamare le cose con il loro nome. Non sei pigro o incapace: hai paura. E quella paura nasce da quanto davvero ci tieni.
Susan Jeffers suggerisce che l’azione nonostante la paura è la chiave per superarla. Le sue ricerche hanno dimostrato che la paura non scompare con il tempo o con più preparazione. L’unico modo per ridurla è agire nonostante essa. Smetti di aspettare la sicurezza assoluta: non arriverà mai.
- Ridefinisci cosa significa fallimento: non sei tu che sei un fallimento, hai semplicemente provato qualcosa che non ha funzionato
- Inizia piccolo ma inizia: fai un piccolo passo, quello che le teorie comportamentali chiamano “minimum viable action”
La verità che nessuno ti dice
Ecco una verità scomoda: la tua ambizione non se ne andrà. Puoi ignorarla, seppellirla, razionalizzarla, ma sarà sempre lì, come un sottofondo costante che ti ricorda il gap tra chi sei e chi potresti essere. Gli studi sulla motivazione mostrano che reprimere le proprie aspirazioni non cancella questo divario, ma rischia di trasformarlo in insoddisfazione cronica.
Hai due opzioni: continuare a combatterla mentre dentro una parte di te urla, oppure fare pace con lei. Accettare che sì, hai paura, e va benissimo averla, ma quella paura non sarà la cosa che decide la tua vita. La tua ambizione nascosta è il tuo superpotere non attivato, l’energia potenziale che aspetta di essere liberata.
Quindi, la prossima volta che ti ritrovi a procrastinare, a razionalizzare o a minimizzare un tuo successo, fermati un attimo. Ricorda a te stesso: “Non sono privo di ambizione. Ne ho solo così tanta che mi spaventa.” E poi, nonostante la paura, fai comunque quel piccolo passo. Perché tra vent’anni, l’unica cosa di cui davvero ti pentirai non saranno i fallimenti che hai avuto il coraggio di rischiare, ma i sogni che hai lasciato morire per paura di provare.