Quando scegliamo un piatto, non lo facciamo solo per fame o abitudine. Secondo numerosi studi di psicologia, le preferenze alimentari possono svelare aspetti profondi del nostro carattere.
Non si tratta solo di gusti o tradizioni familiari: quello che ci piace mangiare riflette anche chi siamo veramente. Elaine Aron, ricercatrice della Pennsylvania State University, ha rilevato che chi ama i cibi salati tende ad avere una personalità ambiziosa e focalizzata sugli obiettivi. Parliamo di individui determinati, che si spingono spesso oltre i propri limiti per ottenere risultati. All’opposto, chi preferisce il piccante mostra una personalità avventurosa, con una naturale attrazione per il rischio e per le esperienze intense. Le cose si fanno ancora più interessanti con i sapori amari. Una ricerca di Christina Sagioglou e Tobias Greitemeyer ha scoperto che l’amore per cibi come il caffè nero o l’acqua tonica può essere collegato a tratti antisociali o manipolativi. Non è una regola assoluta, ma chi ama l’amaro potrebbe avere una tendenza maggiore a comportamenti egocentrici. Al contrario, chi rifiuta questi sapori tende a essere più empatico e gentile, mostrando una maggiore apertura emotiva verso gli altri.
Quando le emozioni entrano nel piatto
La connessione tra cibo ed emozioni è uno dei temi più affascinanti affrontati dalla psicologia contemporanea. Secondo lo psicologo Lee Chambers, pensare al nostro piatto preferito può attivare il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che produce sensazioni di piacere. Questo meccanismo spiega perché il comfort food – che varia da persona a persona – ha un potente effetto consolatorio, soprattutto nei momenti di stress o tristezza.
Proprio lo stress influenza profondamente ciò che scegliamo di mangiare. Il nutrizionista Keith Kantor ha evidenziato come l’aumento di tensione emotiva spinga verso cibi dolci e calorici, che offrono una gratificazione immediata. Questo comportamento è una forma di coping, un modo cioè per affrontare le emozioni negative, anche se non sempre porta a scelte salutari. Anche i cibi dolci raccontano qualcosa di noi. Una ricerca condotta dalla North Dakota State University ha dimostrato che chi ha un debole per dessert come tiramisù, panna cotta o meringa tende ad avere un carattere dolce, sensibile e accogliente. Il tiramisù, in particolare, è stato associato a persone coraggiose e affidabili, mentre la meringa suggerisce spensieratezza e voglia di leggerezza.
Una questione di genetica (e non solo)
Se pensiamo che le nostre preferenze alimentari siano scelte casuali o dettate dall’ambiente, ci sbagliamo. Joanne Cole, dell’Università del Colorado, ha guidato uno studio che ha identificato oltre 500 geni collegati ai gusti alimentari. Questi geni regolano la percezione dei sapori, dell’olfatto e persino della consistenza dei cibi. In pratica, la genetica modella il modo in cui percepiamo il piacere legato al cibo.
Ma non basta la genetica. Anche i tratti della personalità, secondo Keller e Siegrist dell’Università di Zurigo, giocano un ruolo importante. Chi ha un alto grado di apertura mentale e coscienziosità tende a seguire una dieta equilibrata, ricca di frutta e verdura. Le persone più nevrotiche, invece, sono maggiormente soggette all’alimentazione emotiva, rifugiandosi spesso in snack dolci e poco sani per gestire ansie e insicurezze. In definitiva, il nostro piatto preferito non è solo una questione di gusto. È un piccolo specchio della nostra identità psicologica, che riflette ambizioni, stati emotivi e persino tratti genetici. Non dobbiamo sorprenderci se, guardando nel nostro piatto, troviamo un pezzetto della nostra storia personale.
La prossima volta che scegliamo tra un gelato alla vaniglia o un piatto di nachos piccanti, potremmo chiederci: cosa dice questa scelta su di me? E forse scopriremo che ogni morso racconta molto più di quanto pensiamo.