Ammettiamolo: tutti abbiamo premuto quel pulsante almeno una volta. Quel piccolo, soddisfacente “Blocca utente” che fa sparire qualcuno dalla nostra vita digitale come per magia. E subito dopo? Ci sentiamo un mix tra un supereroe che ha salvato il mondo e una persona leggermente paranoica che si chiede se ha esagerato.
Ma perché lo facciamo? Cosa ci spinge a cancellare digitalmente qualcuno dalla nostra esistenza con un semplice tap? La psicologia dietro questo gesto è più complessa e interessante di quanto pensi, e spoiler: non sei né cattivo né strano se l’hai fatto.
Il Blocco Come Difesa Psicologica: Quando i Confini Diventano Digitali
Diversi psicologi hanno studiato come bloccare qualcuno sui social media rappresenti l’equivalente digitale di stabilire dei confini personali. Larry Rosen, psicologo specializzato in tecnologia e comportamento umano presso la California State University, ha evidenziato come i social media abbiano cambiato la nostra concezione di spazio personale, portando molte persone a difendere il proprio benessere stabilendo limiti anche online.
Pensa ai confini nella vita reale: chiudi la porta di camera tua, decidi chi invitare a cena, scegli a chi dare il tuo numero di telefono. Online funziona allo stesso modo, solo che è tutto più veloce e apparentemente più drastico. Bloccare qualcuno è come dire al tuo cervello: “Okay, questa persona non può più entrare nel mio spazio sicuro”.
E il nostro cervello, quel meraviglioso organo che cerca sempre di proteggerci, adora questa cosa. Evitare interazioni socialmente stressanti attraverso il blocco digitale può ridurre temporaneamente lo stress percepito, secondo quanto osservato nelle ricerche sulle strategie di regolazione emotiva. È letteralmente una forma di auto-cura digitale.
I Segnali che il Tuo Cervello Vuole Premere “Blocca”
Senti ansia ogni volta che vedi quella persona online? Controlli ossessivamente il suo profilo anche se ti fa stare male? Ogni sua storia o post ti rovina la giornata? Hai la sensazione di essere osservato o giudicato? Non riesci ad andare avanti dopo una rottura o un litigio? Ecco, questi sono tutti segnali che il tuo sistema nervoso ha già preso una decisione: quella persona deve uscire dal tuo radar digitale.
L’Ansia Digitale: Quando Non Bloccare Fa Più Male che Bloccare
Qui le cose si fanno interessanti. La ricerca scientifica ha dimostrato che il monitoraggio costante dell’ex partner o di persone con cui abbiamo conflitti sui social media è correlato a livelli più elevati di disagio emotivo e sintomi di stress. Tara Marshall e i suoi colleghi hanno studiato approfonditamente questo fenomeno, scoprendo che questa attività amplifica la sofferenza e rallenta l’elaborazione del distacco.
In pratica, ogni volta che scrolli il feed e vedi quella persona, il tuo corpo entra in modalità “allerta”. È come se il tuo cervello non riuscisse a distinguere tra un pericolo reale e uno digitale. Vedi il tuo ex felice con qualcun altro? Il tuo sistema nervoso reagisce quasi come se ti trovassi davanti a una tigre.
Bloccare diventa quindi un meccanismo di riduzione dell’ansia. Non è vigliaccheria, è igiene mentale. Gli psicologi chiamano questo processo “evitamento adattivo” – quando evitare uno stimolo negativo è effettivamente la scelta più sana che puoi fare.
Il paradosso però è questo: spesso ci sentiamo in colpa per aver bloccato qualcuno, come se fosse un segno di debolezza. Ma pensaci: ti sentiresti in colpa per aver chiuso la porta a qualcuno che ti urla contro? Probabilmente no. Allora perché dovremmo sentirci male per aver fatto lo stesso online?
La Vendetta Social: Il Lato Oscuro (Ma Comprensibile) del Blocco
Okay, parliamo dell’elefante nella stanza: a volte blocchiamo qualcuno perché vogliamo fargli male. O almeno fargli capire che ci ha fatto male. È la vendetta dell’era digitale, e la psicologia ci dice che è perfettamente normale (anche se non sempre produttivo).
Tara Marshall, psicologa sociale della Brunel University di Londra, ha condotto studi approfonditi sul comportamento post-rottura sui social media. Le sue ricerche mostrano che strumenti come il blocco possono accentuare il senso di rifiuto e rappresentare una chiusura netta della comunicazione, a volte anche più impattante di una discussione faccia a faccia.
Perché? Perché il blocco è pubblico, definitivo e unilaterale. Non c’è possibilità di replica, di spiegazione, di chiusura. È come sbattere la porta e cambiare le serrature contemporaneamente. E sì, una parte di noi sa esattamente quanto questo possa far sentire male l’altra persona.
Le motivazioni “vendicative” più comuni? Il controllo percepito: “Non puoi più vedere la mia vita” dà una sensazione di potere dopo essersi sentiti impotenti. La punizione sociale: togliere l’accesso alla propria vita social è come togliere un privilegio. Il messaggio silenzioso: “Ho chiuso con te” comunicato senza bisogno di parole. La protezione dell’ego: impedire all’altro di vedere che stiamo soffrendo o che ci stiamo ricostruendo.
Ma attenzione: le ricerche sulle strategie di coping suggeriscono che l’evitamento messo in atto con finalità di vendetta difficilmente porta al recupero emotivo a lungo termine. Potremmo sentirci meglio sul momento, ma il rancore rimane se non elaborato.
Il Bisogno di Controllo: Quando Bloccare è Riprendere il Potere
Viviamo in un mondo dove le notifiche ci controllano più di quanto vorremmo ammettere. Quel “ding” può rovinare la nostra pace mentale in un millisecondo. E indovina? Il nostro cervello odia sentirsi fuori controllo.
La percezione di controllo sulle proprie interazioni digitali è correlata a una riduzione dello stress associato all’uso intensivo dei social media. Quando blocchiamo qualcuno, stiamo letteralmente dicendo: “Io decido chi ha accesso a me”, e questo può dare una sensazione di sollievo e autodeterminazione.
Andrew Przybylski dell’Università di Oxford, esperto in psicologia dei media digitali, ha evidenziato come la gestione attiva delle nostre connessioni social sia correlata a livelli più bassi di stress digitale. In parole povere: fare pulizia sui social, incluso bloccare persone tossiche, ci fa sentire più padroni della nostra vita online.
Questo è particolarmente importante per chi ha vissuto relazioni tossiche o manipolatorie. Bloccare diventa un atto di autodeterminazione, un modo per dire “non hai più potere su di me”. È psicologia del recupero 101.
I Diversi Tipi di “Bloccatori”: Qual È il Tuo Stile?
Esistono modalità diverse nell’uso dello strumento “blocco”, che possono riflettere stili di regolazione emotiva differenti. Riconoscere il proprio pattern può aiutare a capire meglio le proprie dinamiche emotive.
Il Bloccatore Preventivo: Blocca prima che le cose vadano male. Magari avete litigato o la relazione è finita, e boom – blocco immediato per evitare drammi futuri. Questo tipo ha spesso buone capacità di riconoscere quando una situazione potrebbe degenerare.
Il Bloccatore Impulsivo: Blocca nel mezzo di una discussione accesa o dopo un evento scatenante. Qui parlano le emozioni immediate, senza pianificazione, solo reazione. E spesso seguito da “Avrò esagerato?”
Il Bloccatore Meditato: Ci pensa per giorni, settimane, forse mesi. Analizza pro e contro. Quando finalmente blocca, è una decisione ponderata e definitiva. Questo approccio coinvolge maggiormente la parte razionale del cervello.
Il Bloccatore Seriale: Blocca e sblocca in un ciclo infinito. Questo pattern può indicare ambivalenza emotiva e, secondo gli studi sull’attaccamento digitale, potrebbe essere segno di un attaccamento insicuro o di difficoltà nel gestire i confini relazionali.
La Scienza del “No Contact” Digitale
Nel mondo della psicologia delle relazioni, esiste un concetto chiamato “no contact rule” – nessun contatto dopo una rottura. L’idea è che il distacco completo permette al cervello di “disintossicarsi” dalla persona, similmente a come si fa con una dipendenza.
E sì, la scienza lo supporta. Studi di neuroimaging hanno mostrato che il cervello innamorato si comporta in modo molto simile al cervello di una persona dipendente da sostanze. Le ricerche di Helen Fisher e colleghi hanno rivelato che le stesse aree cerebrali – il nucleo accumbens e l’area tegmentale ventrale – si attivano sia quando pensi alla persona amata che quando un tossicodipendente pensa alla sua droga.
Bloccare qualcuno sui social è il no contact del ventunesimo secolo. Non basta non vedersi di persona quando puoi controllare ogni loro movimento online. Il blocco è l’unico modo per avere davvero spazio per guarire.
Helen Fisher, antropologa biologica e ricercatrice sul comportamento romantico, ha spiegato che il processo di distacco emotivo richiede settimane o mesi. Le ricerche stimano che servano fino a tre mesi di completa assenza di contatto per iniziare a “disintossicarsi” emotivamente da una relazione significativa. Ogni interazione social – anche solo vedere una foto – può resettare parzialmente questo processo.
Il Blocco e l’Autostima: Una Relazione Complicata
Ecco una verità scomoda: a volte blocchiamo le persone non per proteggerci da loro, ma per proteggerci da noi stessi. Più specificamente, dalla nostra tendenza all’autodistruzione emotiva.
Le ricerche sull’autostima e l’uso dei social media hanno individuato una correlazione fra bassa autostima e controllo ripetuto dei profili di chi ci ha rifiutati. Amanda Forest e Joanne Wood hanno scoperto che le persone con bassa autostima tendono a monitorare più frequentemente i profili social di chi le ha rifiutate o ferite. È un comportamento chiamato “auto-sorveglianza digitale” – ci facciamo del male da soli guardando cose che sappiamo ci faranno sentire peggio.
Bloccare interrompe questo ciclo. È come togliere le patatine dalla dispensa quando sei a dieta – non è che non le vuoi più, ma rimuovendo la tentazione ti stai dando una possibilità di fare la scelta giusta.
Il punto interessante: diversi psicologi hanno notato che l’atto stesso di bloccare qualcuno può aumentare temporaneamente l’autostima. Perché? Perché stai prendendo una decisione attiva per il tuo benessere. Stai dicendo “io valgo abbastanza da non meritare questo”. È empowerment in formato digitale.
Il Blocco Come Atto di Auto-Cura
Alla fine, bloccare qualcuno sui social non è né buono né cattivo in sé. È uno strumento, e come tutti gli strumenti dipende da come lo usi. Può essere un atto di profonda cura di sé, un modo sano per stabilire confini, o può essere un modo per evitare di affrontare problemi più profondi.
La psicologia ci dice che siamo animali sociali con bisogni complessi di connessione e autonomia. I social media hanno complicato questo equilibrio delicato, creando situazioni in cui dobbiamo inventare nuove regole per vecchie esigenze emotive. Bloccare qualcuno è semplicemente una di queste nuove regole. Non ti rende cattivo, debole o immaturo. Ti rende umano, che cerca di navigare un mondo digitale con un cervello progettato per le savane africane.
Quindi la prossima volta che il tuo dito si libra sopra quel pulsante “Blocca”, ricorda: non stai cancellando una persona dall’esistenza. Stai semplicemente decidendo chi può accedere al tuo spazio mentale ed emotivo. E questo, amico mio, è uno dei tuoi diritti fondamentali – online e offline.