Hai un armadio pieno ma non sai mai cosa mettere? La psicologia spiega perché succede

Perché hai vestiti che non indossi mai? Il messaggio nascosto nel tuo armadio

Alzi la mano chi ha mai aperto l’armadio e pensato: “Non ho niente da mettere” mentre fissava una montagna di vestiti. E alzi la mano chi, tra quella montagna, ha almeno tre capi con ancora l’etichetta attaccata. Se ti riconosci, non sei solo: questa situazione è estremamente comune e nasconde significati psicologici molto più profondi di quello che potresti immaginare.

Secondo diverse indagini condotte nel mondo occidentale, molte persone indossano regolarmente solo una piccola percentuale del proprio guardaroba. Alcune ricerche condotte in UK e USA stimano che circa il 20-30% degli abiti posseduti venga effettivamente utilizzato con frequenza, un dato che riflette anche la situazione italiana. Ma perché succede? E cosa ci dice questo comportamento sulla nostra psiche?

L’armadio come specchio dell’anima

La psicologa clinica Jennifer Baumgartner, autrice del libro “You Are What You Wear: What Your Clothes Reveal About You”, ha teorizzato quella che definisce “wardrobe psychology”, ossia la psicologia del guardaroba. Secondo la sua analisi, i vestiti che acquistiamo e non indossiamo spesso riflettono versioni idealizzate di noi stessi o aspirazioni identitarie che non sempre coincidono con la realtà.

Quel blazer elegante che hai comprato pensando di diventare più professionale? Quella maglietta rock che doveva trasformarti in una persona più ribelle? Sono tutti simboli di chi vorremmo essere, ma non necessariamente di chi siamo davvero. È come se il nostro armadio fosse popolato da avatar di versioni alternative di noi stessi.

I “vestiti fantasma” e la psicologia dell’aspettativa

Chiamiamoli “vestiti fantasma” – quegli abiti che esistono nel nostro armadio ma non nella nostra vita reale. Diversi studi di neuroscienze hanno dimostrato che quando acquistiamo un capo nuovo, il nostro cervello attiva il sistema della ricompensa, con un rilascio di dopamina legato tanto all’oggetto quanto all’anticipazione dell’utilizzo futuro e dell’identità che immaginiamo di incarnare.

Quando compri quella giacca costosa, non stai solo comprando un capo di abbigliamento. Stai comprando la fantasia della persona che potresti diventare indossandola. Il problema? Una volta che l’oggetto è nel nostro armadio, la scarica di dopamina è finita, ma la persona che speravamo di diventare è ancora lì, da qualche parte nel futuro.

Il fenomeno dell’identità multipla

La professoressa Hazel Markus dell’Università di Stanford ha elaborato il concetto di “possible selves”, teorizzando che le visioni alternative di noi stessi influenzano le scelte e i comportamenti, incluso l’acquisto di vestiario. Questo spiega perché nei nostri armadi spesso si accumulano capi che rappresentano ruoli diversi.

Nel nostro armadio convivono quindi diverse versioni di noi stessi: il sé professionale rappresentato da blazer e camicie stirate che non hai mai indossato, il sé avventuroso con quegli abiti sportivi per l’escursionismo che hai fatto una volta sola, il sé sociale con vestiti per feste ed eventi che frequenti solo nei tuoi sogni, e il sé romantico con quell’abito perfetto per l’appuntamento perfetto che deve ancora arrivare.

La trappola del “cosa succederebbe se”

C’è anche un altro meccanismo psicologico in gioco: quello che il premio Nobel Daniel Kahneman chiama “avversione alla perdita”. Teniamo vestiti che non indossiamo perché eliminando qualcosa dal nostro guardaroba, sentiamo di perdere una parte di noi stessi o, peggio ancora, un’opportunità futura.

“E se domani mi invitano a una cena elegante?” “E se decido di diventare una persona che fa jogging all’alba?” Questi “cosa succederebbe se” mantengono i nostri armadi pieni di possibilità non realizzate.

Il comfort della scelta (anche se non la facciamo mai)

Ricerche di psicologia dei consumi hanno dimostrato che possedere opzioni, anche solo potenzialmente, può aumentare la sensazione di controllo personale. Il fenomeno dell’enclothed cognition indica che la sola presenza di molte opzioni può rappresentare un capitale emozionale di possibilità e creatività.

È come avere una biblioteca di libri che non leggeremo mai: ci piace l’idea di poterli leggere, anche se sappiamo che probabilmente non lo faremo. I vestiti non indossati diventano così dei talismani di potenzialità.

Quando l’armadio diventa una prigione emotiva

Ma attenzione: non sempre questo comportamento è innocuo. La psicologa clinica April Benson, esperta di shopping compulsivo, ha documentato che l’accumulo compulsivo di abiti può essere sintomo di problemi psicologici come ansia, stress e difficoltà nella gestione emotiva.

L’acquisto compulsivo di abiti può essere un modo per gestire lo stress e l’ansia, colmare un vuoto emotivo, procrastinare decisioni importanti sulla propria identità o evitare di confrontarsi con chi siamo realmente. Quando l’armadio diventa troppo pieno di sogni mai realizzati, può trasformarsi in una fonte di frustrazione quotidiana.

Il lato positivo: creatività e sperimentazione

Non tutto il male vien per nuocere, però. Il fenomeno dell’enclothed cognition, introdotto dagli psicologi Hajo Adam e Adam Galinsky della Northwestern University, dimostra che i vestiti possono influenzare positivamente le capacità cognitive e la creatività, anche quando non vengono indossati abitualmente.

Anche se non indossi mai quella gonna bohémien o quella camicia a fantasia, il fatto che siano nel tuo armadio mantiene aperte delle possibilità espressive che potrebbero emergere nel momento giusto.

Come trasformare il tuo armadio in un alleato della crescita personale

Invece di vedere i vestiti non indossati come un fallimento, puoi trasformarli in uno strumento di auto-conoscenza. Fai l’inventario emotivo: ogni tanto, prendi in mano quei vestiti che non indossi mai e chiediti: “Che versione di me rappresenta questo capo?” Non giudicare, semplicemente osserva.

Sperimenta senza pressione: prova a indossare quei vestiti anche solo per stare in casa. A volte il problema non è l’abito, ma l’occasione che stiamo aspettando. Crea le tue occasioni: invece di aspettare l’evento perfetto, crealo tu. Vestiti elegante per andare al supermercato, indossa quella maglietta rock per lavorare da casa.

Il metodo della “rotazione consapevole”

Esiste un approccio psicologicamente sofisticato per gestire il guardaroba: la “rotazione consapevole”. Invece di eliminare tutto drasticamente, ogni mese scegli tre capi che non hai mai indossato e impegnati a provarli almeno una volta. Non per forza devi uscire di casa, ma semplicemente per vedere come ti senti. Questo esercizio ti aiuterà a capire quali identità possibili sono ancora rilevanti per te e quali invece puoi lasciare andare.

Quando è il momento di dire addio

La dottoressa Stephanie Sarkis, esperta in disturbi da accumulo e comportamenti compulsivi, sottolinea che esistono alcuni segnali che indicano quando è il momento di liberarsi di alcuni vestiti. Se non li hai indossati per lunghi periodi, se ti fanno sentire in colpa ogni volta che li vedi, se rappresentano una versione di te che non vuoi più essere, o se li hai comprati durante un periodo di stress emotivo, potrebbe essere il momento di lasciarli andare.

Eliminare questi capi non significa rinunciare a crescere o cambiare. Significa semplicemente fare spazio a chi sei diventato.

L’armadio come pratica di mindfulness

Trasformare il rapporto con il proprio guardaroba può diventare una vera e propria pratica di mindfulness. L’utilizzo del guardaroba come pratica di consapevolezza trova riscontro negli approcci contemporanei alla psicologia positiva, che incoraggiano la consapevolezza nelle scelte quotidiane per rafforzare il benessere psicologico.

Chiediti: “Come mi sento oggi?” “Che energia voglio proiettare?” “Quale versione di me voglio onorare?” Questo approccio consapevole trasforma il momento della scelta del vestito da stress quotidiano a rituale di auto-connessione.

La verità nascosta nel tuo armadio

Quei vestiti che non indossi mai non sono un problema da risolvere, ma una finestra sulla tua complessità come essere umano. Rappresentano la tua capacità di sognare, di immaginare versioni diverse di te stesso, di rimanere aperto al cambiamento.

Il messaggio nascosto nel tuo armadio è semplice: sei una persona ricca di possibilità, e va bene così. Non devi indossare tutto quello che possiedi per giustificare la tua complessità. A volte, è sufficiente sapere che quelle possibilità esistono.

La prossima volta che apri l’armadio e vedi quei vestiti mai indossati, invece di sentirti in colpa, sorridi. Stai guardando la prova tangibile della tua capacità di sognare e di rimanere aperto al cambiamento. E questo, di per sé, è già qualcosa di bellissimo.

Ricorda: il tuo armadio non deve essere perfetto. Deve essere tuo. E se questo significa avere vestiti che rappresentano versioni di te che forse non diventerai mai, va bene così. Fa parte del meraviglioso casino che è essere umani.

Quale identità si nasconde nei tuoi vestiti mai usati?
Il me professionale
Il me ribelle
Il me romantico
Il me sportivo
Il me mondano

Lascia un commento