Nella quarta e ultima stagione de L’amica geniale – Storia della bambina perduta, Fabrizio Gifuni, interprete di Nino Sarratore, racconta le difficoltà e le sfide nel dare vita a un personaggio così controverso. Tra citazioni letterarie e riflessioni personali, scopriamo cosa lo ha spinto ad accettare il ruolo.
La quarta stagione de L’amica geniale – Storia della bambina perduta è finalmente approdata su Rai 1, ieri 11 novembre, portando sullo schermo il capitolo conclusivo della saga amatissima di Elena Ferrante. Questa volta, la storia si concentra sulla vita adulta di Lila e Lenù, mettendo in luce i tormenti, le rinascite e le inevitabili cadute dei protagonisti. Tra questi, spicca il controverso Nino Sarratore, interpretato da Fabrizio Gifuni, che ha rivelato in un’intervista a Radiocorrieretv alcuni retroscena sulla sua preparazione per il ruolo.
Gifuni ha ammesso di essere quasi “a digiuno” dell’universo de L’amica geniale al momento del provino. Sebbene fosse già familiare con altri romanzi di Ferrante, come L’amore molesto, non aveva mai letto i quattro libri che compongono la saga. Entrando nel progetto con pochissima conoscenza di Nino Sarratore, Gifuni ha dovuto affrontare una vera e propria immersione nel personaggio. “Tutti continuavano a dirmi che ero perfetto per il ruolo”, ha raccontato, ma più riceveva conferme di essere adatto, più cresceva in lui il dubbio. Per lui, il compito non era solo quello di interpretare un personaggio affascinante e misterioso, ma di incarnare un uomo che porta con sé un fardello di negatività che lo rende un vero “catalizzatore di odio”. A quel punto, l’attore si è domandato: “Ho voglia di passare quasi un anno di riprese in compagnia di questo individuo?”.
L’Amica Geniale, la sfida della tragedia greca per Fabrizio Gifuni: un nuovo approccio a Nino Sarratore
Nel suo percorso di preparazione, Gifuni ha scelto un approccio inedito: si è appellato al suo “grande amore” per la tragedia greca. Per lui, Nino Sarratore rappresentava un moderno Edipo, un uomo che tenta invano di sfuggire al proprio destino. Nonostante gli sforzi per differenziarsi da una figura paterna detestabile, l’uomo finisce per replicare i medesimi errori, dimostrando che “la maledizione della stirpe” lo perseguita. Gifuni ha descritto il suo Nino non più come quel giovane seduttore e intellettuale che fa perdere la testa alle donne, ma come un uomo ridicolo e decadente, la cui caduta esplode in tutta la sua patologia narcisistica.
L’attore ha ammesso di aver affrontato una resistenza interiore prima di accettare definitivamente il ruolo. La sfida, questa volta, era l’opposta rispetto ai suoi precedenti personaggi, spesso dotati di una forte moralità: doveva cercare i “brandelli di luce” in una figura tanto oscura e tragica. Alla fine però Gifuni ha lavorato con dedizione e divertimento, sostenuto da un cast affiatato che comprende attrici del calibro Alba Rohrwacher e Irene Maiorino, sue compagne di scena. Questo spirito di squadra lo ha aiutato a prendere il “testimone” dei precedenti interpreti e a concludere il viaggio di Nino Sarratore, arrivando al “mostro finale” con una nota di autoironia.
In definitiva, l’approccio di Fabrizio Gifuni al ruolo di Nino Sarratore ha rappresentato un percorso ricco di sfide emotive e intellettuali, riflettendo le complessità di un personaggio che Elena Ferrante ha reso indelebilmente controverso. Tra cadute e illuminazioni improvvise, l’attore è riuscito a portare sullo schermo un Nino che è al tempo stesso odiato e compassionevole, facendo emergere quell’umanità nascosta sotto strati di contraddizioni e debolezze.