Costruire una nuova abitudine può sembrare entusiasmante all’inizio, ma mantenerla nel tempo è spesso un’altra storia.
Che si tratti di mangiare sano, fare attività fisica o dormire meglio, molti di noi hanno sperimentato quanto sia difficile restare costanti. La psicologia comportamentale ha cercato di rispondere a una domanda cruciale: perché è così complicato mantenere le buone abitudini nel lungo periodo?
Le abitudini negative sono più “comode”
Una delle ragioni principali risiede nella naturale tendenza del cervello a risparmiare energia. Secondo Charles Duhigg, autore di The Power of Habit, le abitudini si formano attraverso un ciclo composto da stimolo, routine e ricompensa. Quelle negative, soprattutto, diventano automatismi ben radicati. Il cervello, per semplificare i processi decisionali quotidiani, tende a mantenere ciò che conosce già. In altre parole, scegliere uno snack poco salutare o saltare l’allenamento è più facile perché non richiede uno sforzo mentale consapevole. Quando invece vogliamo cambiare rotta, dobbiamo interrompere questo schema automatico. Questo richiede uno sforzo cognitivo iniziale importante, come spiega anche James Clear nel suo libro Atomic Habits. È proprio questo sforzo a scoraggiare: passata la spinta iniziale, subentra la stanchezza, e il rischio di abbandono cresce.
Un’altra variabile determinante è l’ambiente in cui viviamo. Siamo fortemente influenzati dal contesto esterno, anche quando non ce ne accorgiamo. Se cerchiamo di seguire una dieta, ma il frigorifero è pieno di dolci e snack, sarà molto più difficile restare coerenti con l’intenzione iniziale. L’ambiente può agevolare oppure sabotare il nostro cambiamento. Secondo Dominika Kwasnicka, psicologa comportamentale, anche la motivazione gioca un ruolo fondamentale. Spesso ci sentiamo molto motivati all’inizio, ma poi qualcosa si affievolisce. Se manca un obiettivo chiaro e realistico, il cambiamento rischia di rimanere superficiale. Senza una direzione ben definita, è facile tornare a vecchie abitudini. La ricerca di Lally (2010) ha dimostrato che in media ci vogliono 66 giorni per formare una nuova abitudine. Questo significa che la trasformazione è un percorso che richiede costanza e pazienza, non risultati immediati.
Come possiamo migliorare davvero
Per riuscire a mantenere le buone abitudini, la chiave non è la forza di volontà, ma l’intelligenza nella strategia. Il primo passo è ridurre lo sforzo necessario per iniziare: se vogliamo allenarci, prepariamo in anticipo i vestiti sportivi o mettiamoli in bella vista. Così il cervello riconosce un segnale che ci orienta nella direzione desiderata. Serve anche una gratificazione immediata per consolidare il comportamento. Se non ci sentiamo appagati, la nuova abitudine perderà di valore. Può bastare qualcosa di semplice, come segnare un progresso su un calendario o concedersi un momento di relax dopo lo sforzo.
Importante anche non esagerare: i cambiamenti radicali sono difficili da mantenere. Meglio procedere con piccoli miglioramenti continui, come suggerisce James Clear. Cinque minuti al giorno di lettura, di esercizio o di meditazione possono sembrare poco, ma costruiscono basi solide. Con il tempo, diventano parte di noi. Infine, circondarsi di persone che condividono il nostro obiettivo o semplicemente parlarne ad alta voce può aiutarci a rimanere focalizzati. Quando ci sentiamo sostenuti, la tentazione di mollare si affievolisce.
Cambiare non è impossibile. È un processo, non un momento. Con consapevolezza, strategie efficaci e un ambiente che ci supporta, possiamo trasformare una buona intenzione in una routine consolidata. La psicologia ci insegna che il cervello si adatta: se lo guidiamo con attenzione, possiamo aiutarlo a costruire nuovi automatismi più sani e duraturi. In fondo, il segreto non è diventare perfetti, ma saper ripartire ogni volta, anche dopo un piccolo fallimento. È così che le abitudini diventano parte della nostra identità.