Quando ridi di un meme stai attivando gli stessi circuiti cerebrali di quando sei con gli amici: ecco perché è irresistibile

Ahahah e Lol! Perché i meme ci fanno impazzire: la psicologia della risata digitale

Si sa, una risata può illuminare anche la giornata più grigia. Ma come mai un semplice meme visto sullo schermo dello smartphone è in grado di strapparci una risata spontanea, anche quando siamo soli sul divano? Cosa si nasconde dietro il fenomeno culturale che ha rivoluzionato il modo in cui comunichiamo online? Benvenuti nel meraviglioso, assurdo e scientificamente affascinante mondo dei meme!

Scrolliamo, vediamo un’immagine con una battuta, e all’improvviso ci ritroviamo a ridere come matti. Poi la condividiamo subito con gli amici, perché quella sensazione di ilarità deve essere trasmessa. È una dinamica che tutti conosciamo bene, ma pochi si fermano a pensare al perché questi piccoli frammenti di cultura digitale abbiano un tale potere su di noi.

La scienza nascosta dietro una semplice risata online

Partiamo da un dato di fatto: i meme sono ovunque. Oltre l’80% degli utenti di internet tra i 16 e i 34 anni visualizza o condivide meme ogni settimana. Ma non sono solo i giovani: il fenomeno attraversa le generazioni, ed è ormai parte integrante della nostra dieta mediatica quotidiana.

Ma cosa rende i meme così irresistibili? La risposta affonda le radici nella psicologia cognitiva ed evolutiva. Il neuroscienziato Robert Provine ha dedicato anni allo studio della risata umana, scoprendo che questa è primariamente un comportamento sociale. Le sue ricerche mostrano come le persone siano 30 volte più propense a ridere in compagnia che da sole – eppure i meme riescono a farci ridere anche quando siamo completamente soli davanti a uno schermo.

Il paradosso della risata solitaria

Ecco il primo aspetto interessante: i meme creano una sorta di comunità invisibile. Quando ridiamo di un meme, non stiamo semplicemente reagendo a un contenuto divertente, ma stiamo partecipando a un’esperienza condivisa con migliaia o milioni di altre persone. La neuroscienziata cognitiva Sophie Scott spiega che la risata è un comportamento contagioso che ci lega agli altri, e i meme replicano questa dinamica sociale anche quando siamo fisicamente soli.

La forza dei meme risiede quindi nella loro capacità di simulare quella connessione sociale che il nostro cervello desidera ardentemente. Quando vediamo un meme e pensiamo “è così vero!”, stiamo sperimentando un momento di riconoscimento e validazione sociale, anche se nessun altro è presente nella stanza.

Velocità, sorpresa e incongruenza: la formula chimica della risata digitale

I meme sono l’incarnazione perfetta della teoria dell’incongruenza dell’umorismo, formulata già da filosofi come Kant e Schopenhauer. Secondo questa teoria, ridiamo quando ci troviamo di fronte a qualcosa di inaspettato che sfida le nostre aspettative in modo non minaccioso.

Un classico meme combina spesso immagini familiari con testi inaspettati, creando quella scintilla di sorpresa che il nostro cervello trova così gratificante. Il professore di psicologia Peter McGraw ha elaborato la “teoria della violazione benigna”, secondo cui troviamo divertente ciò che viola le nostre aspettative ma in modo sicuro e non pericoloso.

I meme funzionano proprio perché infrangono alcune regole sociali o logiche, ma lo fanno in un contesto sicuro. Questa combinazione di trasgressione e sicurezza crea la perfetta tempesta cognitiva che porta alla risata.

L’economia dell’attenzione: perché i meme vincono sempre

Un altro motivo del successo dei meme è la loro incredibile efficienza comunicativa. In un’epoca in cui la nostra attenzione è frammentata come mai prima, i meme rappresentano pacchetti di significato ultra-condensati. Diverse ricerche segnalano che la soglia di attenzione sugli schermi digitali sta diminuendo, complici la sovrabbondanza di stimoli e notifiche.

I meme rispondono perfettamente a questa economia dell’attenzione: comunicano idee complesse in formati estremamente compatti. La dottoressa Limor Shifman, autrice di “Memes in Digital Culture”, li definisce “unità di cultura che si propagano da persona a persona, ma che vengono continuamente ricreate nel processo”.

Questa capacità dei meme di concentrare significato in spazi ridotti è particolarmente preziosa nel nostro panorama mediatico saturo. I memi di successo sono quelli che catturano l’attenzione, vengono memorizzati e hanno maggiori probabilità di essere replicati.

Meme e identità: ridere per appartenere

Ma c’è di più. I meme che condividiamo dicono molto di noi stessi. Molti studi psicologici indicano che le preferenze in fatto di umorismo riflettono tratti della personalità e valori individuali.

Quando condividiamo un meme sui social, non stiamo semplicemente trasmettendo qualcosa di divertente – stiamo anche comunicando qualcosa sulla nostra identità, sul nostro modo di vedere il mondo. “Mi rappresenta”, scriviamo spesso. E in effetti è proprio così.

La psicologa Linda Kaye dell’Edge Hill University, che studia l’identità online, afferma che la condivisione dei meme è diventata una forma sofisticata di segnalazione sociale. Attraverso ciò che troviamo divertente, comunichiamo sottilmente i nostri valori, credenze e persino la nostra appartenenza a determinati gruppi sociali.

Meme come terapia: il potere curativo della risata digitale

Non è un caso che durante periodi di crisi collettiva – come la pandemia di COVID-19 – la produzione e condivisione di meme sia letteralmente esplosa. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychology of Popular Media Culture ha esaminato il ruolo dei meme durante i primi mesi della pandemia, scoprendo che avevano una funzione fondamentale nel gestire l’ansia collettiva.

La psicologa Jessica Myrick della Penn State University ha rilevato che le persone che consumavano meme relativi alla pandemia mostravano livelli più bassi di stress e una maggiore sensazione di essere in grado di affrontare la situazione rispetto a quelle che non lo facevano.

Questo potere terapeutico dei meme si spiega attraverso diversi meccanismi psicologici:

  • Normalizzazione: i meme ci mostrano che altri condividono le nostre stesse esperienze e difficoltà
  • Distanziamento umoristico: permettono di guardare a situazioni difficili da una prospettiva meno minacciosa
  • Senso di controllo: creare e condividere meme su eventi stressanti ci dà una sensazione di controllo su di essi
  • Rilascio emotivo: la risata provoca un rilascio di endorfine che riducono fisicamente lo stress

L’evoluzione del linguaggio: quando un meme vale più di mille parole

C’è chi sostiene che i meme rappresentino una vera e propria evoluzione del linguaggio umano. Il linguista John McWhorter di Columbia University osserva che i meme funzionano in modo simile ai gesti nel linguaggio parlato, fornendo contesto emotivo e sfumature che il semplice testo non può trasmettere.

In questo senso, i meme stanno colmando un vuoto fondamentale nella comunicazione digitale. Nel parlato faccia a faccia, una parte considerevole del significato viene trasmessa attraverso elementi non verbali – tono di voce, espressioni facciali, gesti. Nella comunicazione testuale online questi elementi mancano, creando quello che gli psicologi chiamano “vuoto di indizi sociali”.

I meme, con la loro combinazione di immagini e testo, forniscono un ricco contesto emotivo che altrimenti mancherebbe. Sono diventati una sorta di metalinguaggio che permette alle persone di comunicare in modo più sfumato in ambienti testuali che altrimenti sarebbero emotivamente piatti.

I meme come specchi culturali e il futuro della risata digitale

I meme riflettono non solo mode passeggere, ma anche tensioni culturali più profonde. I meme italiani, ad esempio, spesso giocano con stereotipi regionali, tradizioni culinarie, dinamiche familiari e politica in modi che risulterebbero incomprensibili a chi non conosce il contesto culturale italiano. Questo li rende non solo veicoli di umorismo, ma anche potenti strumenti di costruzione di identità culturale condivisa.

Con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale e degli strumenti di creazione digitale, i meme stanno diventando sempre più sofisticati, personalizzati e interattivi. Secondo gli esperti, vedremo meme sempre più personalizzati e contestualizzati, in grado di adattarsi alle preferenze individuali e alle circostanze specifiche in cui vengono visualizzati.

Ma nonostante tutta questa evoluzione tecnologica, ciò che rende i meme così potenti resta profondamente umano: il nostro bisogno di connessione, di significato condiviso, e naturalmente, di una buona risata.

La prossima volta che ti ritroverai a ridere di fronte a un meme apparentemente sciocco, ricorda: non stai solo consumando un contenuto divertente, ma stai partecipando a un complesso fenomeno psicologico e sociale che dice molto di noi come esseri umani nell’era digitale. E questa consapevolezza potrebbe essere la cosa più divertente di tutte.

Perché in fondo, come direbbe un meme: “Non è solo un meme, è uno stile di vita”.

Perché ridi davvero quando vedi un meme?
Mi ci riconosco
È assurdo e inatteso
Altri lo troveranno geniale
È meglio della realtà
Mi distrae per un attimo

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