Ridere dei tuoi fallimenti è un superpotere: ecco perché le persone più resilienti usano l’autoironia ogni giorno

Perché ridere di sé stessi è il segreto delle persone più resilienti

Ti sei mai chiesto perché alcune persone sembrano rimbalzare indietro dalle difficoltà come se nulla fosse, mentre altre crollano al primo ostacolo? O perché quell’amica che sa prendersi in giro per il suo disastroso appuntamento sembra superare il rifiuto molto più velocemente di chi si tormenta per settimane? La risposta potrebbe essere più semplice – e più divertente – di quanto pensi.

L’autoironia, ovvero la capacità di ridere dei propri difetti e fallimenti, non è solo un tratto simpatico che rende piacevole la compagnia di qualcuno. Diversi studi nel campo della psicologia positiva hanno evidenziato che questa abilità può facilitare la resilienza psicologica, contribuendo significativamente al benessere mentale e sociale.

Ridere di sé: una ginnastica emotiva che rafforza la mente

Prendere in giro se stessi non è affatto un segno di bassa autostima, come spesso si crede. Al contrario, la ricerca scientifica mostra che una sana autoironia si associa a una maggiore stabilità emotiva e a livelli più bassi di depressione. Uno studio pubblicato su “Personality and Individual Differences” ha dimostrato che l’uso dell’umorismo autodenigratorio (quando non è eccessivamente autolesionista) è collegato a migliori indicatori di benessere soggettivo.

Il Dr. Rod Martin, psicologo dell’Università di Western Ontario, ha individuato quattro stili principali di umorismo, e l’umorismo autoironico, in particolare, se usato in modo equilibrato, può rafforzare i legami sociali e ridurre la tensione emotiva. Questa capacità agisce come una ristrutturazione cognitiva: affrontare le proprie imperfezioni con un sorriso aiuta il cervello a interpretare le difficoltà in modo meno drammatico, un principio utilizzato anche nelle terapie cognitivo-comportamentali.

L’effetto paradossale dell’autoironia sulla resilienza

La resilienza, ovvero la capacità di adattarsi e riprendersi dopo eventi stressanti, è riconosciuta come una delle competenze chiave per il benessere emotivo. Secondo l’American Psychological Association, le persone resilienti condividono alcune caratteristiche fondamentali:

  • Visione realistica della realtà
  • Capacità di dare significato alle esperienze difficili
  • Flessibilità adattiva di fronte al cambiamento
  • Forte rete di supporto sociale

Studi recenti suggeriscono che l’autoironia potenzia tutte queste aree, aiutando le persone a normalizzare gli errori e a trovare soluzioni creative di fronte alle difficoltà. Uno studio del 2020 ha evidenziato che l’umorismo autodenigratorio, quando utilizzato come strategia di coping costruttiva, è positivamente correlato con la resilienza e aiuta a gestire lo stress in modo più efficace.

La scienza dell’autoironia: cosa succede nel cervello

Ridere di sé stessi produce effetti misurabili anche a livello cerebrale. Studi di neuroimmagine hanno mostrato che durante la risata si riduce l’attività dell’amigdala (centro dell’allarme emotivo) e aumenta quella della corteccia prefrontale, responsabile del ragionamento e dell’autocontrollo emotivo.

Il neuroscienziato Robert Provine ha dimostrato che la risata stimola il rilascio di neurotrasmettitori come endorfine, dopamina e serotonina, contribuendo a ridurre lo stress e migliorare l’umore. La neuroscienziata Sophie Scott ha inoltre osservato che l’autoironia e la risata condividono meccanismi neurologici con la mindfulness, favorendo il distanziamento dai pensieri negativi.

L’autoironia come superpotere sociale e professionale

Una ricerca pubblicata sulla rivista “Organizational Behavior and Human Decision Processes” ha rilevato che i leader capaci di autoironia sono percepiti come più autentici e ispirano maggior fiducia nei team. Sul lavoro, l’autoironia può abbassare la distanza gerarchica e migliorare la coesione del gruppo. Uno studio dell’Università di Amsterdam ha trovato che i manager capaci di ridere dei propri errori contribuiscono a tassi di turnover più bassi e a team più coesi.

Barack Obama e la regina Elisabetta II hanno spesso utilizzato l’umorismo autodeprecatorio per rafforzare la propria immagine pubblica e creare connessioni più autentiche con il pubblico, dimostrando che anche ai massimi livelli, saper ridere di sé stessi è un’abilità preziosa.

Non tutta l’autoironia è uguale

C’è una differenza cruciale tra autoironia sana e autodenigrazione dannosa. La psicologa Kristin Neff, pioniera degli studi sull’autocompassione, distingue tra “ridere con sé stessi” (segnale di accettazione) e “ridere di sé stessi” in modo punitivo, che può rafforzare la bassa autostima.

Segnali di autoironia malsana includono:

  • Usarla come prevenzione delle critiche anziché per accettazione di sé
  • Sentirsi peggio dopo essersi presi in giro
  • Focalizzarsi sempre sugli stessi temi dolorosi
  • Usarla per cercare rassicurazione dagli altri

Secondo Todd Kashdan, uno stile autoironico sano nasce dall’autenticità e dall’accettazione, non dall’autosvalutazione o dal bisogno di approvazione esterna.

Come coltivare l’arte dell’autoironia

L’autoironia può essere appresa e rafforzata. Il Professor Willibald Ruch dell’Università di Zurigo ha elaborato protocolli di “training umoristico” che hanno dimostrato benefici nel migliorare il benessere psicologico. Un esercizio semplice è il “diario delle assurdità quotidiane”: annota piccoli errori e impara a vederli con occhio divertito, cercando di individuare l’elemento assurdo o ironico.

Un altro approccio efficace è l’esercizio del “sì, e…”, derivato dall’improvvisazione teatrale. Consiste nell’accettare un’osservazione su di te (anche critica) e aggiungere un elemento umoristico. Se qualcuno nota che hai fatto un errore, invece di difenderti, prova con “Sì, e dovresti vedere quando provo a montare mobili IKEA!”

Storie di resilienza attraverso l’autoironia

Il potere dell’autoironia si ritrova in molte storie personali. Frida Kahlo utilizzava spesso un umorismo nero nelle sue opere per affrontare il dolore. Stephen Hawking, nei suoi discorsi pubblici, ha dichiarato: “L’aspetto positivo della SLA è che non devo preoccuparmi di grattarmi se mi prude il corpo”. Queste figure hanno trasformato esperienze traumatiche in opportunità di crescita, usando l’umorismo come strumento di resilienza.

Nella cultura italiana, l’autoironia ha radici profonde, dalla commedia dell’arte al cinema di Totò e Roberto Benigni. Ricerche condotte da università italiane stanno indagando come l’umorismo autodenigratorio possa essere integrato nei protocolli terapeutici per ansia e depressione, con risultati preliminari promettenti.

La rivoluzione gentile dell’autoironia

In un’epoca che esalta la perfezione sui social media, l’autoironia è un antidoto potente e rivoluzionario. La ricerca psicologica documenta che ridere di sé stessi fortifica la resilienza e promuove la salute mentale. Martin Seligman, padre della psicologia positiva, afferma: “L’umorismo può essere la forma più matura di difesa contro l’avversità”.

La prossima volta che inciampi, prova a riderci sopra: quella risata potrebbe davvero essere la scintilla che accende la tua resilienza e ti permette di affrontare le difficoltà con maggiore leggerezza. Come ricordava Charlie Chaplin, la vita vista a distanza può trasformarsi da tragedia in commedia, e l’autoironia ci regala proprio questa preziosa prospettiva.

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