Uno studente di archeologia ha scoperto, quasi per caso, i resti di un’antica città sepolta nella fitta giungla, risalente a più di mille anni fa. La zona, soprannominata “Valeriana”, offre una nuova prospettiva storica… Ma dov’è successo tutto ciò?
Luke Auld-Thomas, giovane studente di archeologia presso la Tulane University negli Stati Uniti, si è recentemente trovato di fronte a una scoperta di grande rilievo. Il ritrovamento è avvenuto quasi per caso, durante una semplice ricerca su Google per approfondire informazioni legate a uno studio. Il luogo in questione è il Campeche, regione nel sud-est del Messico ricca di storia e misteri legati alla civiltà Maya. Mentre esaminava le pagine di risultati, il ragazzo si è imbattuto in un’indagine condotta con tecnologia lidar da un ente messicano per il monitoraggio ambientale. Questa avanzata tecnica di rilevamento utilizza impulsi laser inviati da un aereo per ottenere una mappatura dettagliata del terreno sottostante, penetrando nella vegetazione e rivelando strutture altrimenti invisibili.
Proprio attraverso questa metodologia, Auld-Thomas ha scoperto una vasta area simile in dimensioni alla città di Edimburgo, sepolta e dimenticata sotto strati di vegetazione. Con sorpresa, ha realizzato che le strutture corrispondevano a quelle di una città Maya risalente a oltre un millennio fa, una testimonianza perduta di una civiltà scomparsa. I Maya, conosciuti per le loro imponenti piramidi e l’avanzato sistema di scrittura, raggiunsero il loro apice tra il 750 e l’850 d.C. Nella città, ora soprannominata “Valeriana” dagli archeologi, abitavano tra 30.000 e 50.000 persone; ma guerre, carestie e probabilmente malattie portarono alla sua caduta. La scoperta pone quindi nuove domande sugli eventi storici che hanno trasformato questa florida civiltà fino a determinarne il declino.
Studente di archeologia scopre ‘Valeriana’: un tesoro archeologico tra piramidi, campi sportivi e antiche abitazioni
Dalla mappatura lidar, il sito di Valeriana appare come una vasta distesa urbana. Gli archeologi ipotizzano la presenza di edifici monumentali come piramidi, abitazioni, e anche campi dedicati a giochi sportivi. Questi elementi architettonici indicano una struttura sociale avanzata e un’organizzazione complessa. Oltre al fascino della scoperta, il giovane archeologo ha osservato che il sito si trova a poca distanza da strade moderne, segnalando quanto Valeriana, pur essendo nascosta dalla vegetazione, sia sorprendentemente vicina alla civiltà attuale.
Nonostante l’entusiasmo per il ritrovamento, Auld-Thomas ha manifestato una certa amarezza. Con le tecniche moderne come il lidar, è infatti possibile individuare decine di città Maya sommerse, tanto che la quantità di siti ormai noti supera di gran lunga le capacità degli archeologi di esplorarli in tempi brevi. Le sfide per lo studio dei Maya si estendono così al futuro, lasciando intere aree di ricerca in attesa di studiosi che, forse, un giorno avranno gli strumenti e il tempo necessari per approfondire il mistero di civiltà come quella di Valeriana.