Chiunque abbia provato a imparare uno strumento sa quanto possa essere impegnativo. Ma ciò che forse non tutti sanno è che questo sforzo si riflette anche nel cervello, in modo profondo e duraturo.
Studi neuroscientifici e psicologici degli ultimi vent’anni hanno confermato che la pratica musicale induce modificazioni sia strutturali che funzionali nel cervello umano. I ricercatori Herholz e Zatorre (2012) hanno dimostrato che il cervello dei musicisti è più plastico, ovvero più capace di adattarsi e modificarsi. La materia grigia, che contiene i neuroni, tende ad aumentare di volume in aree fondamentali come la corteccia uditiva, il cervelletto e il corpo calloso. Queste aree gestiscono il suono, l’equilibrio motorio e la comunicazione tra i due emisferi cerebrali. Non si tratta solo di una questione anatomica. Studi di Bengtsson e Schlaug (2005) hanno collegato la durata dell’addestramento musicale a una migliore integrità della sostanza bianca, specialmente nel corpo calloso. In parole semplici, suonare favorisce una comunicazione più efficiente tra le parti del cervello.
I benefici cognitivi ed emotivi della musica
A livello cognitivo, suonare uno strumento musicale comporta un’attivazione simultanea di aree cerebrali legate alla memoria, all’attenzione, alla motricità fine e alle emozioni. Gaser e Schlaug (2003) hanno rilevato che i musicisti professionisti presentano un maggiore volume di materia grigia nei lobi temporali e frontali, coinvolti nella percezione uditiva e nelle funzioni esecutive come il pensiero logico e la pianificazione. In più, secondo Zatorre (2015), suonare attiva i circuiti della ricompensa, stimolando il rilascio di dopamina, una sostanza che ci fa provare piacere e gratificazione. Questo spiega perché, spesso, suonare rilassa e migliora l’umore: non è solo una sensazione, ma un effetto neurologico concreto.
Anche la capacità di controllare le emozioni e gli impulsi sembra migliorare grazie alla pratica musicale. Questo avviene proprio perché le connessioni tra le aree cerebrali coinvolte nella regolazione emotiva diventano più forti e fluide. Non tutti gli strumenti musicali influenzano il cervello allo stesso modo. Uno studio del 2021 ha evidenziato come ogni tipo di strumento sviluppi abilità differenti. Il pianoforte, ad esempio, potenzia la coordinazione bimanuale e la velocità di elaborazione, mentre gli strumenti a fiato allenano il controllo del respiro e le funzioni cognitive legate alla concentrazione. Anche la batteria ha un impatto specifico. Amad (2016) ha dimostrato che suonarla migliora la connessione tra aree motorie e uditive, rafforzando la coordinazione sensomotoria. Questo spiega perché molti batteristi hanno riflessi particolarmente rapidi e una grande precisione nei movimenti.
Suonare fa bene anche alla salute mentale
Oltre ai benefici cognitivi e strutturali, suonare ha un impatto positivo anche sul benessere psicologico. Gustavson (2021) ha sottolineato come la pratica musicale contribuisca a ridurre ansia, stress e sintomi depressivi. Durante l’esecuzione musicale, infatti, il cervello rilascia ossitocina e dopamina, sostanze legate al piacere e al legame sociale. La musica è anche uno strumento potente in ambito terapeutico. In contesti di riabilitazione da traumi cerebrali o malattie degenerative come l’Alzheimer, suonare uno strumento può aiutare a riattivare circuiti neurali dormienti e stimolare la memoria. È un esempio concreto di come la neuroplasticità possa essere sfruttata a nostro favore, anche in situazioni difficili.
In conclusione, suonare uno strumento musicale non è solo un’attività piacevole o un hobby da coltivare nel tempo libero. Gli studi dimostrano che rappresenta una vera e propria palestra per il cervello, capace di potenziare memoria, concentrazione, coordinazione e benessere emotivo.
Non importa l’età o il livello di esperienza: non è mai troppo tardi per iniziare. I benefici della musica non sono riservati ai professionisti. Anche una pratica amatoriale può fare la differenza, sia per la nostra mente che per la nostra salute psicologica.