Il primo episodio di The Last of Us 2 assiste alle prime conseguenze di alcune bugie su un rapporto padre-figlia. Ma le bugie a fin di bene esistono e cosa ne pensano gli psicologi?
La seconda stagione di The Last of Us è iniziata con il primo episodio disponibile dal 14 aprile 2025 su Nowtv e Sky. Avevamo lasciato i protagonisti Joel ed Ellie sopravvissuti dopo uno scontro sanguinoso e una ripresa di coscienza di Ellie finita sotto i ferri per poi essere liberata. Joel le ha mentito su come sono andate le cose in ospedale e sulle varie morti che si sono verificate e lo ha fatto per alleviare il peso.
Per lui è stata una bugia a fin di bene, ma per gli spettatori non avrebbe dovuto dichiarare il falso alla sua compagna di viaggio in un mondo post-apocalittico. Quando un rapporto comincia a lasciare spazio alle bugie, di solito, non dura molto l’armonia e la complicità, ma anche l’affetto. Così, partendo dalla serie molto amata ispirata all’omonimo videogioco, proviamo a vedere cosa dicono gli esperti su questo argomento.
Le bugie bianche esistono?
Le bugie a fin di bene, comunemente note come bugie bianche, sono ennesimo argomento di discussione nel campo della psicologia. Queste piccole distorsioni della verità vengono spesso giustificate come atti necessari per proteggere i sentimenti degli altri o per evitare conflitti. Ma esistono realmente, e cosa ne pensano gli psicologi?
Secondo diversi studi psicologici, le bugie bianche possono essere motivate da sentimenti di empatia e dal desiderio di fare del bene. In molte situazioni le persone scelgono di non rivelare la verità completa, ritenendo che la realtà possa causare più danno che beneficio. Ad esempio, una persona potrebbe dire che un regalo è gradito, anche se non lo è, solo per evitare di ferire i sentimenti di chi l’ha donato.
“Esistono vari tipi di menzogne, quelle che vengono raccontate per educazione, come quando, ad esempio, diciamo a un nostro amico che abbiamo apprezzato il pasto che ci ha cucinato, anche se non ci è piaciuto. Si tratta di una “bugia bianca” che causa pochissimi svantaggi a chi la racconta e molti a chi la riceve. Poi ci sono le bugie di Pareto, che hanno a che fare con situazioni particolari in cui i vantaggi sono sia a favore di chi racconta la bugia, sia di chi la riceve. Si tratta, per certi versi, di una “estensione” della bugia bianca” sostiene Giuseppe Sartori, professore di neuropsicologia e psicopatologia forense all’università di Padova.
Il punto di vista degli psicologi
Gli psicologi, pur riconoscendo l’umanità delle bugie bianche, avvertono di considerare le potenziali conseguenze. Spesso, le bugie possono portare a malintesi o relazioni compromesse. La ricerca suggerisce che l’onestà, anche quando difficile, può rafforzare i legami interpersonali e creare una base di fiducia più solida. D’altro canto, per alcuni professionisti, le bugie a fin di bene possono avere una loro giustificazione se utilizzate per evitare sofferenze inutili. In conclusione, le bugie a fin di bene esistono sotto forma di un complesso tessuto di emozioni e comportamenti umani. Sebbene possano apparire innocue, il loro uso deve essere ponderato, tenendo conto delle possibili ricadute sulle relazioni.
I meccanismi che si attivano nel nostro cervello sono diversi a seconda della motivazione alla base della nostra bugia. Su questo hanno basato i loro recenti studi Ju-Young Kim e Hackjin Kim, due neuroscienziati del Laboratory of social and decision neuroscience della Korea University di Seul che nel loro studio pubblicato sulla rivista Jneurosci, hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per scoprire quali aree del cervello si attivano quando si racconta una bugia bianca con fini egoistici e quando invece lo si fa per altruismo. Questa tecnica permette di misurare un’attività cerebrale in base al consumo di ossigeno e alcune persone sottoposte all’esperimento hanno raccontato bugie all’interno dello scanner, mostrando agli studiosi che le zone del cervello interessate erano la regione frontomediale e quella dorsolaterale.