Ti innamori sempre dello stesso tipo di persona? Non è sfortuna, è il tuo cervello che ripete un pattern

Perché Scegliamo Sempre lo Stesso Tipo di Partner? Dietro i “Casi Umani” c’è una Spiegazione Psicologica

Alzi la mano chi, dopo l’ennesima delusione amorosa, si è sentito dire dalle amiche: “Ma come fai a trovarli sempre tutti uguali?”. Oppure chi, scrollando le foto delle ex del proprio partner, ha pensato “Aspetta… ma siamo tutte sorelle separate alla nascita?”. Se ti riconosci in queste situazioni, benvenuto nel club degli eterni ripetitori di pattern relazionali. No, non sei sfigato e no, non è colpa del destino cinico e baro. C’è una spiegazione psicologica molto precisa dietro questa tendenza che accomuna praticamente tutti noi.

Il Fenomeno del “Copy-Paste Sentimentale”

Partiamo dai fatti: numerose ricerche indicano che siamo propensi a scegliere partner con tratti di personalità, valori e persino problematiche psicologiche simili ai precedenti. Uno studio del 2019 pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ha mostrato che gli individui tendono a fidanzarsi ripetutamente con persone dai tratti comparabili ai propri ex partner. Non parliamo solo di somiglianze fisiche, anche se pure quelle ci sono, ma soprattutto di caratteristiche profonde che ricorrono. È come se il nostro cervello avesse un template preimpostato e continuasse a cliccare “stampa” su versioni leggermente diverse dello stesso prototipo.

La psicologa Claudia Brumbaugh e il ricercatore Chris Fraley hanno documentato che le persone tendono, nel tempo, a impegnarsi con partner che mostrano livelli di attaccamento e di disponibilità emotiva simili a quelli degli ex. In pratica, se il tuo primo amore era un evitante emotivo che spariva per giorni, c’è una buona probabilità che anche i successivi abbiano la stessa allergia all’intimità.

La Colpa è dei Nostri Genitori? Spoiler: Un Po’ Sì

Freud sarà anche passato di moda, ma su una cosa ci aveva visto lungo: i nostri primi modelli relazionali contano. E contano parecchio. La teoria dell’attaccamento, sviluppata da John Bowlby e approfondita da Mary Ainsworth, evidenzia che le esperienze di attaccamento infantile costituiscono il modello relazionale per la vita adulta. Il modo in cui abbiamo interagito con le nostre figure di riferimento da bambini diventa una sorta di “manuale di istruzioni” per tutte le relazioni future.

Se da piccoli abbiamo sperimentato un attaccamento sicuro, con genitori presenti, affidabili e responsivi, tenderemo a cercare partner che riproducono quella sicurezza. Al contrario, chi ha vissuto un attaccamento ansioso o evitante spesso si ritrova a ricreare dinamiche simili in età adulta, anche quando sono palesemente disfunzionali. È un po’ come se il nostro sistema emotivo dicesse: “Conosco già questa canzone, so come ballare anche se mi pesto i piedi”.

Gli Schemi Maladattivi: Quando il Copione è Scritto Male

Jeffrey Young, ideatore della Schema Therapy, ha descritto la formazione di schemi maladattivi precoci come pattern mentali nati in risposta a bisogni emotivi non soddisfatti durante l’infanzia. Questi schemi diventano poi una lente attraverso cui interpretiamo la realtà e scegliamo i nostri partner.

Per esempio, chi ha sviluppato uno schema di abbandono potrebbe inconsciamente scegliere partner emotivamente indisponibili, confermando così la propria convinzione profonda di non essere degno d’amore. Non è masochismo: è il nostro cervello che cerca conferme di ciò che già conosce, anche quando ciò che conosce fa male.

La Comfort Zone Sentimentale: Quando il Familiare Batte il Sano

Ecco il paradosso che manda in tilt chiunque abbia un minimo di logica: spesso scegliamo ciò che ci è familiare piuttosto che ciò che ci fa bene. Il fenomeno della familiarità preferenziale è stato documentato dallo psicologo Robert Zajonc, che ha dimostrato come la ripetuta esposizione aumenti la preferenza verso persone o situazioni familiari. Il nostro cervello è programmato per preferire ciò che conosce già, perché il conosciuto è prevedibile e quindi, evolutivamente parlando, più sicuro.

Le ricerche di Helen Fisher con la risonanza magnetica funzionale hanno evidenziato che il cervello delle persone innamorate mostra attivazioni simili a quelle relative alle prime esperienze amorose, creando una sorta di “imprinting” sentimentale. I suoi studi mostrano come il cervello reagisce con particolare intensità a stimoli che ricordano le nostre prime relazioni affettive.

Quindi quando dici “Mi piacciono i bad boys” o “Sono attratta solo dagli emotivamente distanti”, non è solo una questione di gusti. È il tuo cervello che riconosce un pattern familiare e dice: “Ehi, conosco questo film! So come andrà a finire, almeno non ci sono sorprese”.

Il Ruolo della Chimica: Quando gli Ormoni Fanno Danni

Ma non è solo una questione psicologica. C’è anche la biochimica che ci mette lo zampino. Studi di Donatella Marazziti hanno mostrato che l’innamoramento è associato a specifiche variazioni neurochimiche, ad esempio una riduzione dei livelli di serotonina simili a quelli osservati nei disturbi ossessivo-compulsivi.

Quando incontriamo qualcuno che attiva i nostri “interruttori chimici” nel modo giusto, o sbagliato a seconda dei casi, il cervello rilascia un cocktail di dopamina, ossitocina e vasopressina che crea quella sensazione di “colpo di fulmine”. Il problema? Questi stessi pattern neurochimici possono attivarsi anche in risposta a situazioni che ci sono familiari ma dannose, come le dinamiche tossiche che abbiamo già vissuto.

La Coazione a Ripetere: Quando Vogliamo Riscrivere il Finale

Freud parlava di “coazione a ripetere” come tendenza a rivivere esperienze passate, concetto ripreso e aggiornato da autori come Drew Westen che ha documentato come cerchiamo inconsciamente partner che ci permettano di ripetere e magari risolvere conflitti infantili. È tipo quando rigiochi sempre lo stesso livello del videogioco sperando di vincere, ma usi sempre la stessa strategia perdente.

L’idea inconscia è: “Questa volta andrà diversamente, questa volta riuscirò a farmi amare da questa persona emotivamente indisponibile, e questo guarirà la ferita di quando mio padre o mia madre non era presente”. Spoiler alert: non funziona mai. O quasi mai. Ma il nostro inconscio è ottimista e continua a provarci.

L’Autostima Gioca un Ruolo Fondamentale

Parliamoci chiaro: se dentro di te c’è una vocina che dice “Non merito l’amore”, indovina che tipo di partner attirerai? Esatto, quelli che ti tratteranno esattamente come pensi di meritare. È la profezia che si autoavvera applicata all’amore.

Ricerche di Roy Baumeister e colleghi mostrano che chi ha bassa autostima tende a scegliere, o mantenere, partner che ne confermano la visione negativa di sé. Non perché sono masochiste, ma perché c’è una dissonanza cognitiva insopportabile quando qualcuno ci tratta meglio di come pensiamo di meritare. È per questo che alcune persone scappano letteralmente quando incontrano qualcuno di sano e disponibile: quella persona non fa “click” con il loro sistema di credenze interno.

Come Spezzare il Ciclo

Il primo passo per smettere di scegliere sempre lo stesso tipo di “caso umano” è riconoscere il pattern. Fai un esercizio: scrivi le caratteristiche dei tuoi ultimi tre partner. Somiglianze? Comportamenti ricorrenti? Bandiere rosse che hai ignorato? Ecco, quello è il tuo template personale. Gli studi sulla terapia cognitivo-comportamentale concordano che la consapevolezza dei propri schemi relazionali rappresenta la base per modificarli. Aaron Beck, fondatore di questo approccio, ha dimostrato che riconoscere i propri pattern mentali è il primo passo per il cambiamento.

Se normalmente sei attratta dal tipo misterioso e sfuggente, prova a dare una chance a quello che risponde ai messaggi in orari umani. Se di solito scegli persone bisognose che vuoi “salvare”, prova a frequentare qualcuno che ha già risolto i suoi problemi da solo. All’inizio sembrerà strano, forse anche un po’ noioso. È normale: stai riprogrammando decenni di condizionamento.

La terapia funziona. Non è un discorso da radical chic o da privilegiati: è uno strumento concreto per capire i propri pattern e modificarli. Che sia psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoanalisi, schema therapy o EMDR, l’importante è lavorare su quegli schemi profondi che continuano a sabotare le tue relazioni. Ricerche pubblicate sull’American Journal of Psychiatry dimostrano che l’intervento psicoterapeutico può modificare pattern di attaccamento anche nell’adulto.

Quando incontri qualcuno che non corrisponde al tuo solito tipo, il tuo cervello potrebbe suonare l’allarme: “Attenzione! Territorio sconosciuto!”. Invece di scappare, fermati e chiediti: “Questa sensazione di stranezza è perché questa persona è sbagliata o perché è diversa da ciò a cui sono abituato?”. A volte ciò che percepiamo come “mancanza di chimica” è semplicemente l’assenza del dramma a cui siamo abituati.

Il Lieto Fine Esiste? Dipende da Te

La verità è che non esiste una bacchetta magica che ci farà improvvisamente smettere di essere attratti dal nostro “tipo”. Questi pattern si sono formati nel corso di anni, spesso decenni, e modificarli richiede tempo, impegno e tanta pazienza con noi stessi. Ma la buona notizia è che il cervello è plastico, letteralmente. La neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di modificarsi e creare nuovi circuiti, è oggi ben documentata dalle neuroscienze.

Possiamo creare nuovi percorsi neurali, nuove associazioni, nuovi modi di relazionarci. Possiamo insegnare al nostro cervello che “sicuro” non significa “noioso” e che “disponibile emotivamente” non è un difetto. Quindi sì, probabilmente hai un tipo. E probabilmente quel tipo finora ti ha portato più lacrime che gioie. Ma questo non è un destino scritto nella pietra. È solo un pattern, e i pattern possono essere cambiati.

Magari non ti sveglierai domattina con gusti completamente diversi, ma piccolo passo dopo piccolo passo, puoi iniziare a scegliere con più consapevolezza e meno autopilota. E la prossima volta che un’amica ti dirà “Ma come fai a trovarli sempre tutti uguali?”, potrai rispondere con un sorriso: “Tranquilla, sto lavorando sull’aggiornamento del software”. Perché alla fine, l’amore non è trovare la persona perfetta, ma diventare la versione di noi stessi abbastanza sana da riconoscere e scegliere relazioni che ci fanno bene.

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